L’azione di condanna fu introdotta nel processo amministrativo dalla legge Tar, con riferimento alla giurisprudenza esclusiva ed esclusivamente per il pagamento di somme di denaro dovute all’amministrazione. Attualmente il codice contempla un’azione generale di condanna (art. 30 co. 1): nella giurisdizione esclusiva, infatti, essa riguarda l’adempimento di qualsiasi obbligazione. Le precedenti limitazioni, peraltro, sono state sostanzialmente eliminate:

  • la legge istitutiva del Tar ammetteva la condanna solo nei confronti dell’amministrazione, limitazione questa evidentemente a danno dell’amministrazione, dato che una sentenza di mero accertamento nei confronti di un privato non poteva legittimare un’esecuzione forzata. Attualmente, al contrario, nelle materie di giurisdizione esclusiva, l’azione di condanna può essere proposta dall’amministrazione anche nei confronti di un privato;
  • la legge istitutiva del Tar ammetteva la condanna solo per l’adempimento di obbligazioni pecuniarie. Attualmente, al contrario, nelle materie demandate alla giurisdizione esclusiva, il cittadino può essere titolare anche del diritto a prestazioni a contenuto diverso da quello pecuniario (es. diritto alla restituzione di un immobile).

Un’attenzione particolare è riservata all’azione di condanna nelle vertenze risarcitorie (art. 30):

  • risultati conseguibili con la tutela risarcitoria: la domanda di risarcimento del danno può avere ad oggetto, oltre che il risarcimento per equivalente, anche il risarcimento in forma specifica ex art. 2058 c.c. (equiparazione a tutela civile);
  • rapporti tra tutela impugnatoria (domanda di annullamento) e tutela risarcitoria (domanda di risarcimento dei danni): in precedenza la Corte di cassazione e il Consiglio di Stato sostenevano la teoria della pregiudizialità amministrativa , in base alla quale la domanda di risarcimento poteva essere accolta solo se il provvedimento lesivo era stato impugnato e annullato. Attualmente, al contrario, il codice ha ammesso l’autonomia della domanda risarcitoria, sebbene abbia sottoposto la corrispondente azione ad un termine di decadenza di centoventi giorni, decorrenti dal momento in cui si è verificato il fatto o, qualora il danno derivi direttamente dal provvedimento, dalla conoscenza dello stesso.

Il codice ha anche dettato alcuni criteri per la liquidazione del danno, precisando che va escluso il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti. Per quanto l’impugnazione tempestiva del provvedimento non rappresenti una condizione necessaria per la domanda risarcitoria, quindi, essa incide sulla misura del risarcimento in sede di liquidazione del danno.

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