In tema di responsabilità della p.a. era diffusa in passato una tesi, che favoriva l’applicazione dell’art. 2043 c.c che annovera tra gli elementi quello soggettivo della colpa , quella dell’uomo medio che è un grado più attenuato di colpa. E questa veniva richiesta soltanto ove si trattasse di attività c.d. materiale dell’ente pubblico, non invece, sulle orme di un precedente indirizzo non soltanto giurisprudenziale, quando il danno immediatamente derivasse da un atto amministrativo o dalla sua esecuzione.

Siffatto orientamento è stato abbandonato con la importante sentenza n. 500/99 delle S.U. della Corte di cassazione ove è chiaramente affermato che , in tema di responsabilità della p.a., il giudice deve effettuare una indagine estesa anche alla valutazione della colpa, non del funzionario agente, ma alla p.a. intesa come apparato, che sarà configurabile nel caso in cui l’adozione e l’esecuzione dell’atto illegittimo (lesivo dell’interesse del danneggiato) sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità , di correttezza e di buona amministrazione alle quali l’esercizio della funzione amministrativa deve ispirarsi e che il giudice ordinario, può valutare , in quanto si pongono come limiti esterni alla discrezionalità.

Ove l’ente pubblico sia stato ritenuto responsabile ex art. 2043 c.c del danno arrecato al terzo, il funzionario o il dipendente , ai sensi dell’art. 18 del d.p.r. 3/57, dovrà a sua volta ristorare il danno subito dall’ente ( c.d. azione di rivalsa), in quanto da lui cagionato in violazione degli obblighi di servizio, salvo che egli abbia agito per ordine che era obbligato a eseguire.

Alla luce delle considerazioni sopra svolte, risulta assai più conveniente per il terzo danneggiato rivolgersi direttamente all’ente pubblico per essere risarcito ex art. 2043 c.c. sia sotto il profilo probatorio e quindi della probabilità di esito favorevole del giudizio, sia sotto il profilo della solvibilità del debitore. Inoltre, una volta risarcito il terzo, la p.a. agirà contro il dipendente.

Mentre la responsabilità dell’amministrazione per i danni cagionati da attività provvedimentale è giudicata dal g.a. , quella del dipendente spetta alla giurisdizione del g.o. In altri termini, riguardo al medesimo illecito civile esistono, in relazione alla posizione della p.a. e a quella dell’agente, due discipline alternative assai diverse dal lato sostanziale e dal lato processuale, la cui applicazione è rimessa all’arbitrio del terzo danneggiato e tali da condurre a esiti dei relativi giudizi profondamente difformi.

 

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