Tra i poteri il cui esercizio determina effetti favorevoli per i privati, talora accompagnati dall’imposizione di doveri, accanto a quelli autorizzatori rilevano i poteri concessori.

L’esercizio di tali poteri, a fronte dei quali il destinatario si presenta come titolare di interessi legittimi pretensivi, produce l’effetto di attribuire al destinatario medesimo status e situazioni giuridiche (diritti) che esulavano dalla sua sfera giuridica in quanto egli precedentemente non ne era titolare.

A differenza di ciò che accade nell’autorizzazione, l’ordinamento non attribuisce originariamente al privato la titolarità della situazione giuridica, ma conferisce all’amministrazione il potere di costituirle o trasferirle in capo al privato stesso; si tratta dunque di poteri accrescitivi e che attengono a beni limitati, il che spesso rende necessaria la scelta tra più soggetti (esempi sono la concessione di uso di beni, di costruzione, di gestione di opere pubbliche).

Frequentemente, nel caso di concessioni di beni e pubblici servizi, è possibile rinvenire, accanto al provvedimento di concessione, anche una convenzione bilaterale di diritto privato che, insieme alla concessione medesima, dà luogo alla figura della concessione contratto, finalizzata a dare un assetto ai rapporti patrimoniali tra concessionario e concedente; i due atti sono strettamente legati, nel senso che l’annullamento della concessione travolge il contratto.

La concessione è detta traslativa quando il diritto preesiste in capo all’amministrazione, sicché esso è trasmesso al privato, mentre è costitutiva nei casi in cui il diritto attribuito è totalmente nuovo, cioè l’amministrazione non ne aveva la titolarità (ad es. la concessione di cittadinanza o onorificenze).

La vicenda concessoria non presenta particolari problemi se attiene a beni pubblici: in questi casi, infatti, al privato, in assenza di concessione, è precluso lo sfruttamento delle utilitates connesse al bene; maggiori questioni si profilano, invece, in ordine alle concessioni di opere pubbliche e di pubblici servizi.

Per quel che riguarda la concessione di opere pubbliche la legislazione, sulla scorta di quella comunitaria, mira ad equipararle all’appalto o comunque a limitare la discrezionalità di cui gode l’amministrazione chiamata a rilasciarle, al fine di evitare che, impiegando lo strumento concessorio – tradizionalmente caratterizzato dalla possibilità di scegliere discrezionalmente il privato chiamato a sostituirsi all’amministrazione in situazioni in ordine alle quali il soggetto pubblico non disponga di adeguata organizzazione – l’amministrazione possa svincolarsi dalle regole poste a tutela della concorrenza; non a caso la recente legislazione definisce tali concessioni come contratti (d.lgs. 50/2016 – Nuovo codice degli appalti).

La natura contrattuale delle concessioni era già stata affermata, in passato, da una parte della dottrina anche in ordina alla concessione di servizi pubblici, ricorrente quando l’ordinamento intenda garantire ai privati alcune prestazioni ed attività e consenta all’amministrazione di affidarne lo svolgimento a soggetti privati appunto mediante un provvedimento concessorio; il problema è stato comunque ridimensionato, dato che

tale tipo di concessione è stato eliminato in relazione ai servizi pubblici locali a carattere industriale.

Nel paragrafo precedente si è sottolineata la differenza tra autorizzazione e concessione, consistente nel fatto che l’autorizzazione non ha effetto costitutivo di diritti; non tutta la dottrina, però, è concorde con questa opinione, il che ha messo in crisi la figura della concessione, così come, soprattutto in relazione alla concessione di servizi, un contributo in tal senso è stato dato anche dal fatto che non sempre essa attiene ad attività riservate all’amministrazione: in questo contesto, posto che comunque i privati potrebbero svolgere quell’attività in assenza di concessione, riesce più difficile individuare un conseguente effetto accrescitivo; in tali casi le differenze con l’autorizzazione sembrerebbero sfumare, atteso che in entrambe le ipotesi a seguito del provvedimento amministrativo il privato è chiamato a svolgere un’attività non riservata all’amministrazione, pur se in varia misura subordinata all’interesse pubblico. In ogni caso, solo a monte della concessione di servizi sussiste l’assunzione di garanzia del risultato e cioè l’assunzione del dovere di garantire il servizio pubblico, sicché la concessione trasferisce al privato questo dovere, che non sussiste nei casi di autorizzazione.

Nel novero dei provvedimenti concessori rientrano pure le sovvenzioni, caratterizzate dal fatto che attribuiscono al destinatario vantaggi economici; la categoria è disciplinata dalla L. 241/90, art. 12, che si riferisce a “sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari” nonché all’”attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati”.

 

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