Posto che nessuno degli elementi dai quali risulta il regime giuridico sintetizzato dall’espressione ”provvedimento amministrativo” è indefettibile, perché ogni definizione è arbitraria e molti atti, normalmente considerati provvedimenti, difettano dell’uno o dell’altro, vi sono comunque due caratteri in assenza dei quali parlare di provvedimento amministrativo ha poco senso:

– l’emanazione a seguito di un procedimento

– l’impugnabilità dinanzi a un giudice, di solito quello amministrativo. Del resto, ogni potere amministrativo – cioè ogni potere, conferito dalle norme a una pubblica amministrazione, di curare un interesse pubblico emanando un atto produttivo di effetti giuridici anche nei confronti di altri soggetti – deve essere esercitato di regola attraverso un procedimento, soggetto alla disciplina legislativa, che deve concludersi con un provvedimento impugnabile dinanzi al giudice amministrativo (processo).

Ciò dipende, evidentemente, dal fatto che il potere amministrativo si inquadra nello svolgimento di una funzione, con quanto ne consegue in termini di disciplina e controllo.

D’altra parte, la combinazione dei due caratteri indicati non consente di definire o delimitare con precisione la nozione di provvedimento: in primo luogo, perché i due caratteri spesso non sono compresenti; in secondo luogo, perché ciascuno di essi è a sua volta incerto.

Dal primo punto di vista, è sufficiente osservare che vi sono atti impugnabili dinanzi al giudice amministrativo pur non essendo stati emanati a seguito di un procedimento e atti emanati a seguito di un procedimento ma non impugnabili dinanzi ad alcun giudice.

I due criteri di definizione, quindi, non coincidono, e stabilire se uno dei due debba prevalere sull’altro, nella definizione del provvedimento, sarebbe arbitrario.

Dal secondo punto di vista, da un lato, la nozione di procedimento è a sua volta imprecisa, essendo utilizzata ma non definita dalla legge. Dall’altro, la distinzione tra provvedimenti e atti strumentali è incerta e la giurisprudenza ammette spesso l’impugnabilità di atti endo-procedimentali che in concreto possano essere lesivi, come un bando di concorso o un piano regolatore adottato dal comune ma non ancora approvato dalla regione.

È l’art. 113 cost. a stabilire che contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. Tale disposizione consente, inoltre, di indicare tra i caratteri del provvedimento: quello di essere un atto impugnabile dinanzi a un giudice, di regola quello amministrativo.

Il fatto che l’art. 113 Cost. lo associ ad atti della pubblica amministrazione e da essa emanati, ne delimita inevitabilmente gli ambiti di applicazione.

 

 

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