Tradizionalmente l’atto amministrativo è definito come qualsiasi manifestazione di volontà, giudizio o conoscenza proveniente da una pubblica amministrazione nell’esercizio di una potestà amministrazione.

Nell’ambito degli atti amministrativi riveste però peculiare importanza il provvedimento, atto con cui si chiude il procedimento amministrativo.

Il provvedimento è emanato dall’organo competente; ove esso sia collegiale si parla frequentemente di atto collegiale il quale, partecipa degli stessi caratteri del provvedimento emanato da organo monocratico e se ne differenzia , sostanzialmente, soltanto perché è preceduto da un procedimento più complesso, in cui gli interessi rilevanti sono rappresentati non già attraverso la partecipazione al procedimento, ma introdotti dai componenti il collegio all’atto della decisione.

Gli atti amministrativi diversi dai provvedimenti, quali pareri , proposte, valutazioni tecniche, non sono suscettibili di incidere su situazioni giuridiche di terzi , riconosciute dall’ordinamento protette in primo luogo nei confronti dell’amministrazione. Tali atti hanno funzione strumentale e accessoria rispetto ai provvedimenti. Va altresì aggiunto che la p.a pone in essere dei comportamenti giuridicamente rilevanti che non sono atti amministrativi in senso proprio , atteso che in essi non si ravvisano manifestazioni, dichiarazioni o pronunce di volontà , di desiderioe di rappresentazione: si tratta in particolare di operazioni materiali e misure di partecipazione volte a portare atti nella sfera di conoscibilità dei terzi.

Posto che il provvedimento ripete i medesimi caratteri del potere, esso è tipico e nominato, e promana da un’autorità pubblica (la nozione di pubblica amministrazione comprende anche l’attività posta in essere da soggetti privati che esercitano in vario modo funzioni pubbliche nell’ambito di un rapporto con la p.a.).

Il provvedimento è composto da una intestazione, nella quale è indicata l’autorità emanante, da un preambolo , in cui sono enunciate le circostanze di fatto e quelle di diritto, delineando così il quadro normativo e fattuale nel cui contesto l’atto è emanato, dalla motivazione, la quale indica le ragioni giuridiche e i presupposti di fatto del provvedere ; talora essa non si distingue dal preambolo, e dal dispositivo , il quale rappresenta la parte precettiva del provvedimento e contiene la concreta statuizione posta in essere dall’amministrazione. il provvedimento è poi datato e sottoscritto, indicando anche il luogo della sua emanazione.

Si applicano comunque agli atti amministrativi alcune tra le norme poste dal codice civile, per l’interpretazione del contratto: es. l’art. 1362, 1363, 1364, ecc. e’ esclusa l’interpretazione autentica.

Provvedimento amministrativo e incisione sulle situazioni soggettive

Componente fondamentale del provvedimento è la volontà intesa come volontà provvedimentale. La legge assegna il provvedimento ad una figura soggettiva ai fini dell’imputazione formale dello stesso, e di regola tale imputazione è fatta dalla legge ad una persona giuridica (ente pubblico) diversa dalla persona fisica dal cui comportamento innegabilmente il provvedimento è prodotto .

Il provvedimento è un atto di disposizione in ordine all’interesse pubblico che l’amministrazione deve perseguire e che si correla con l’incisione di altrui situazioni soggettive.

L’autoritatività è una connotazione del potere rivolto alla cura degli interessi pubblici e preordinato alla produzione di effetti giuridici in capo ai terzi ed è propria di ogni provvedimento amministrativo con cui tale potere si esercita , indipendentemente dalla natura favorevole o sfavorevole degli effetti: così intesa essa ricorre pure nelle ipotesi in cui la produzione dell’effetto sia subordinata ad un consenso del destinatario dell’atto.

Unilateralità, tipicità e nominatività del potere

Il provvedimento è sempre caratterizzato dal perseguimento unilaterale di interessi pubblici e dalla produzione unilaterale di vicende giuridiche sul piano dell’ordinamento generale in ordine a situazioni giuridiche dei privati.

La tipicità del provvedimento, diretta espressione del principio di legalità, pare dunque in primo luogo correlata agli effetti di modificazione delle situazioni giuridiche soggettive dei terzi.

La p.a., per conseguire gli effetti tipici, può inoltre ricorrere soltanto agli schemi individuati in generale dalla legge. E’ questo il c.d. principio di nominatività, il quale sembra dover essere riferito al provvedimento e al potere.

La distinzione tra nominatività e tipicità non è stata approfondita dalla dottrina e spesso i due termini vengono utilizzati come sinonimi, in quanto il tipo di effetto è legato strettamente al profilo funzionale del potere e dell’atto, e cioè alla prevalenza dell’interesse pubblico su quello privato, richiedendo la predefinizione dei limiti mediante la quale detta prevalenza si manifesta.

L’ordinamento generale appresta in ogni caso due tipi di limiti a garanzia dei privati: da un lato la predefinizione dei tipi di vicende giuridiche che possono essere prodotte dall’amministrazione ( tipicità) dall’altro la predeterminazione degli elementi del potere che possa essere esercitato per conseguire quegli effetti (nominatività).

Gli atti amministrativi non provvedimentali presentano talora un certo tasso di atipicità. Dubbi sorgono in dottrina in merito alla natura giuridica degli atti di natura non autoritativa di cui al c. 1-bis della l. 241/90, secondo alcuni di indole privatistica, secondo altri consensuali. Tali atti sono quelli che non costituiscono espressione di un potere amministrativo.

 

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