Si utilizza l’espressione ”modulo convenzionale”(o accordo in senso lato) quando una decisione di una pubblica amministrazione è l’esito di uno scambio di consensi – e non è presa unilateralmente – tra l’amministrazione stessa e un soggetto privato o un’altra amministrazione, sulla base di un documento formalmente sottoscritto da entrambe le parti del rapporto e con un contenuto predeterminato e vincolante di diritti e di obblighi reciprocamente collegati.

Connotato tipico della vicenda di ”contatto” tra un’amministrazione e una controparte (pubblica o privata) è che gli effetti giuridicamente rilevanti si producono conseguentemente e, almeno nella maggior parte delle fattispecie, direttamente a seguito dello scambio intercorso. Pertanto, il modulo operativo utilizzato risulta conforme ad uno schema bilaterale (o plurilaterale) di tipo negoziale.

Il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.

Posta, in via preliminare, l’improprietà dell’espressione ”regolamento negoziale”, occorre evidenziare come la trasposizione di un istituto tipicamente privatistico nell’ambito dell’azione amministrativa porta ad un intreccio necessario di discipline. Per cui, la disciplina di riferimento per lo strumento contrattuale, impiegato dall’amministrazione per la cura di uno specifico interesse pubblico, è sia il codice civile (art. 1321 e ss.) che la legislazione amministrativistica.

Il primo opera poiché l’amministrazione è considerata dall’ordinamento come soggetto portatore di autonomia negoziale (art. 1322 c.c.), in quanto tale operante in posizione paritetica con la controparte privata.

La seconda interviene, in primo luogo, per stabilire peculiari forme e modalità del ricorso allo strumento contrattuale, allo scopo di salvaguardare i principi e le finalità essenziali che presiedono alla azione amministrativa degli apparati pubblici; in secondo luogo, e sempre allo stesso scopo, per stabilire singoli elementi di deroga a questo o a quell’aspetto delle regole dei rapporti interprivati, che segnano in più punti una torsione dalla disciplina di diritto comune ad una disciplina di diritto speciale.

Mentre il contratto è il prodotto dell’esercizio di un potere di autoregolazione dei propri interessi, manifestazione della propria autonomia contrattuale, l’accordo in senso stretto, invece, è diversamente regolato. In tal caso, i poteri di autodeterminazione dell’amministrazione pubblica, tanto più rilevanti quanto più lo sono gli aspetti economici e patrimoniali connessi al bene o al servizio, devono fare i conti con le regole di quel regime e, quindi, essere inquadrati in un contesto a matrice prevalentemente pubblicistica.

L’amministrazione pubblica è oggi stimolata a cercare l’intesa con l’interessato, stipulando accordi amministrativi ai sensi dell’art. 11, legge n. 241/1990, o ”contratti di servizio” previsti da alcune leggi di settore. Tuttavia, la caratteristica coloritura della trama di esercizio dei poteri da parte dell’amministrazione permane quella derivante dalla presenza della posizione di discrezionalità amministrativa, così come si viene svolgendo nel procedimento amministrativo.

 

 

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