Il processo amministrativo è una sequenza di atti mirante alla soluzione di una controversia attraverso l’esperimento di un giudizio mediante il quale il giudice provvede ad aggiudicare la lite al termine di un rigoroso e motivato percorso logico. I caratteri fondamentali del modello processuale sono:

 

I principi costituzionali di tutela giurisdizionale e del processo

Il principio di tutela giurisdizionale: art. 24 cost. (tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi).

Il principio del giusto processo – contemplato espressamente dall’art. 111 cost. (“La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge”), previsto anche dall’art. 6 della Cedu (secondo cui ”ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge”) e ribadito, in seno all’Unione europea, dagli art. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali – riveste un rilievo meramente evocativo, essendo riempito di contenuto dai precetti concernenti il ruolo del giudice, i diritti delle partii gli elementi delle pronunce giudiziali.

Alla prima categoria appartengono: il principio di precostituzione o del giudice naturale, contemplato dall’art. 25 cost. (“Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”); il principio di indipendenza, stabilito dall’art. 108 cost. (“La legge assicura l’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali”); il principio di terzietà e di imparzialità, fissato dall’art. 111 cost. (“Ogni processo si svolge […] davanti a un giudice terzo e imparziale”).

Nella seconda categoria va inquadrato il principio del contraddittorio paritario tra le parti, statuito dall’art. 111 cost. (“Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità”). Nella terza può essere iscritto il principio della necessaria motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, previsto dall’art. 111 cost. (“Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati”).

 

Il modello del processo amministrativo

Il giudice amministrativo non può procedere d’ufficio, si deve attenere al principio del chiesto e pronunciato, non può ampliare il suo sindacato alla valutazione di vizi non dedotti dalle parti: per questi motivi, il processo amministrativo è governato dal principio della domanda. Le parti alimentano il processo con atti d’impulso e sono le parti a determinarne l’origine, la prosecuzione e l’estinzione. Ed è a ciò strettamente legato il metodo dispositivo, per cui dipende dalle parti la dimostrazione, attraverso la presentazione di prove, dei fatti controversi e la prospettazione dei motivi che avvalorino le questioni di diritto sollevate.

Per il processo amministrativo si parla di un principio dispositivo con metodo acquisitivo, poiché il modello dispositivo è leggermente attenuato. Innanzitutto, è il giudice a fissare le udienze, ad integrare il contraddittorio e a sospendere il processo. Inoltre, è consentito eccezionalmente al giudice, nel caso in cui la prova non sia nella disponibilità della parte che ne può trarre beneficio (ad esempio, sia detenuta dall’amministrazione), di acquisire d’ufficio le prove dei fatti allegati, senza l’iniziativa delle parti.

 

L’oggetto e i soggetti del processo amministrativo

L’ampliamento dei poteri di decisione e di cognizione del giudice hanno profondamente modificato i caratteri originari del processo amministrativo. NON si ritiene più che oggetto del medesimo sia soltanto l’atto impugnato, ma se ne amplia l’ambito all’intero rapporto giuridico, cioè il tessuto oggettivamente unitario che correla i titolari di situazioni giuridiche soggettive contrapposte. Induce a propendere per tale tesi la circostanza per la quale il processo amministrativo, da un lato, investe, con estrema frequenza, non soltanto atti, ma anche comportamenti lesivi della pubblica amministrazione (si pensi, ad esempio, all’inerzia della stessa) e, dall’altro, affianca allo schema tipico del processo di impugnazione quello del processo di accertamento (del rapporto giuridico sussistente tra le parti).

 

I soggetti del processo e i loro atti

I soggetti del processo sono il giudice e le parti.

 

Il giudice e i suoi atti

II giudice può adottare tre tipi di atti nel processo:

1) i decreti hanno lo scopo generalmente di risolvere questioni di rito e fasi interlocutorie del processo, come il decreto presidenziale di fissazione d’udienza o i decreti dichiarativi dell’estinzione del giudizio. Si tratta di atti individuali, i quali sono rivolti ai propri uffici, anziché alle parti.

2) le ordinanze pur avendo il medesimo contenuto, sono per lo più collegiali e sono sempre rivolte alle parti. Mentre i decreti raramente sono motivati, le ordinanze debbono sempre contenere una succinta motivazione e sono adottate, di norma, a seguito di contraddittorio tra le parti. Tra le diverse tipologie di ordinanze collegiali vanno menzionate quelle cautelari, quelle istruttorie, quelle ingiuntive di pagamento di somme, quelle in materia di competenza e giurisdizione, quelle di rimessione alla Corte costituzionale o alla Corte di giustizia europea.

3) sentenze atto giudiziario con il quale solitamente il processo ha termine. Sono generalmente definitive. Però vi sono talune sentenze (ad esempio, la sentenza che dispone l’integrazione del contraddittorio), le quali, come le ordinanze, definiscono fasi interlocutorie del processo. Contro di esse non può essere proposto appello. Si tratta di un’eccezione alla regola generale dell’appellabilità delle sentenze. Diverse sono, invece, le sentenze parziali, le quali decidono soltanto alcune questioni della controversia, riservandosi di decidere in un momento successivo le altre. Dal momento che queste hanno contenuto decisorio, è ammesso l’appello nei loro confronti.

Le sentenze definitive si articolano in sentenze di rito e sentenze di merito.

Le sentenze di rito NON sono né dichiarative, né di condanna, né costitutive, in quanto definiscono il giudizio senza inoltrarsi nella soluzione della controversia, dichiarando il ricorso irricevibile, inammissibile o improcedibile. Al contrario, le sentenze di merito (risolvono la controversia) possono essere a loro volta distinte in dichiarative o di accertamento (che sono volte esclusivamente ad accertare la sussistenza di situazioni giuridiche soggettive), di condanna (che impongono un comportamento al destinatario) e costitutive (che costituiscono, modificano o estinguono situazioni giuridiche soggettive).

 

Le parti del processo amministrativo

Sono i soggetti legittimati a presentarsi di fronte ad un giudice per ottenere da questi la soluzione di una controversia. Possono essere necessarie e non necessarie. Sono parti necessarie il resistente, il ricorrente e i controinteressati.

Il resistente è il soggetto che ha emesso l’atto o ha attuato il comportamento che ha originato la controversia (di solito una pubblica amministrazione): il ricorrente è colui che ha interesse a modificare la situazione esistente, che gli crea pregiudizio e il controinteressato è colui che ha interesse a conservare la situazione esistente che lo pone in posizione di vantaggio.

Parte resistente e controinteressati possono costituirsi in giudizio con il controricorso, con cui si tende a dimostrare l’inconsistenza delle pretese del ricorrente, ovvero con un apposito atto di costituzione, ovvero ancora può decidere di non costituirsi proprio. NON possono intervenire in giudizio, poiché sono legittimate all’intervento solo le parti non necessarie, per ordine del giudice o chiamata di parte ovvero volontariamente. In quest’ultimo caso, l’intervento è ad adiuvandum, quando il soggetto aderisce alle richieste del ricorrente (che, in tal caso, si definisce cointeressato) oppure ad opponendum, quando il soggetto sostiene le pretese del resistente o dei controinteressati (in tale ipotesi, si definisce controinteressato in senso sostanziale).

Il ricorso incidentale è l’atto con il quale il controinteressato può a sua volta impugnare il provvedimento investito dal ricorso principale, facendo valere vizi che possono determinare, in caso di positivo accertamento, un risultato a lui favorevole. Deve essere proposto entro 30 giorni dal termine stabilito per il deposito del ricorso principale. È, quindi, un atto processuale del controinteressato. a differenza del ricorso per motivi aggiunti, che è un atto del ricorrente.

Con i motivi aggiunti il ricorrente può sollevare nuove censure in relazione a vizi del provvedimento impugnato non conosciuti entro il termine oppure introdurre domande nuove nel giudizio in corso, cioè per impugnare provvedimenti diversi da quello precedentemente denunziato, purché le parti siano le medesime e si tratti di un provvedimento sopravvenuto e connesso con quello inizialmente impugnato.

 

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