Il ricorso gerarchico improprio

Si tratta di ricorsi previsti da norme speciali nei quali non rileva la definitività dell’atto, e che di solito sono contro atti amministrativi di Ministri, enti pubblici o organi collegiali (definitivi ab origine, che si sottraggono a qualsiasi rapporto gerarchico).

E’ un rimedio di carattere eccezionale, e non è coperto da riserva di legge, perché è ammesso nei casi, nei limiti e nelle modalità previste dalla legge o dagli ordinamenti dei singoli enti.

Tali ricorsi, introdotti nel 1971, seguono le disposizioni specifiche contenute nelle normative che li prevedono. In mancanza si seguono le regole del ricorso gerarchico proprio. I ricorsi gerarchici previsti da norme anteriori al 1971 (quindi completamente abrogati) seguono la disciplina di quelli proprio.

Le regole del ricorso proprio sono estese a quello improprio (silenzio-rigetto, sospensione cautelare, vizi di legittimità e di merito).

Permangono invece dubbi sulla facoltatività: lasciare scegliere il privato vuol dire infatti vanificare la ratio dell’istituto, che è quella di far riesaminare l’atto da un’autorità amministrativa tecnicamente più preparata in materia rispetto al giudice, ma come questi neutrale. La Corte ha sancito che quando siano necessari accertamenti tecnici, la fase gerarchica impropria deve precedere quella giurisdizionale.

 

Il ricorso in opposizione

E’ ammesso solo nei casi previsti per legge (statale o regionale). Si tratta di un ricorso diretto alla stessa autorità che ha emanato l’atto (è resistente e decidente!). Sono previsti tuttavia pochissimi casi, in quanto nemmeno il legislatore crede nella capacità della PA di riesaminare le proprie posizioni. Per la disciplina, anche qui ci si rifà al ricorso gerarchico proprio, questo per tentare una sostanziale equiparazione del ricorso per opposizione a quello gerarchico (per il principio della semplificazione). Sono applicabili, tra le altre, le regole per presentare e notificare il ricorso, quelle sul contraddittorio, sulla sospensione e sulla facoltatività.

Vi si ricorre per vizi sia di legittimità che di merito, contro provvedimenti non definitivi. La decisione sul ricorso ha carattere definitivo.

E’ poco usato, ma qualora servisse a ripensare errori negli accertamenti o nelle valutazioni tecniche, potrebbe essere assai utile.

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