Cassazione sent.500/1999: pronuncia in sede di regolamento di giurisdizione. La Corte recepisce l’orientamento della dottrina circa l’art.2043 c.c. E’ data una diversa lettura di “danno ingiusto”, ora pregiudizio non giustificato recato ad un interesse giuridicamente rilevante (indipendentemente da quale).

– È il giudice che dovrà selezionare gli interessi rilevanti comparando l’interesse del danneggiato e quello perseguito con la condotta lesiva. Quindi occorre in questo caso valutare l’esistenza di un’azione illegittima e colpevole della PA dalla quale derivi la lesione dell’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo è preordinato. Sino a pochi anni addietro la sentenza, gli interessi legittimi o, per meglio dire, i danni derivanti dalla loro lesione non erano considerati risarcibili.

– Vi era una sostanziale sorta di immunità della PA nei confronti dei danni arrecati al privato nello svolgimento illegittimo della propria funzione.

– Se il privato vantava un interesse legittimo oppositivo collegato ad un interesse finale avente la consistenza di diritto soggettivo, poteva aspirare quantomeno ad una tutela risarcitoria del diritto soggettivo dopo l’annullamento del provvedimento illegittimo; se il privato vantava, a fronte dell’esercizio delle potestà amministrative, un interesse legittimo pretensivo, collegato ad un interesse finale non avente la consistenza di un diritto soggettivo, non poteva aspirare ad alcun risarcimento dei danni subiti a seguito dell’illegittimo o tardivo esercizio delle potestà medesime.

– Vi sono altri fattori che hanno concorso a mettere in crisi l’orientamento tradizionale della Cassazione e a favorire la svolta compiuta con la sentenza.

– Infatti, a partire dagli anni 60, raggiunto l’obiettivo che nei rapporti tra privati vengono risarciti sia danni derivanti dalla lesione di un diritto soggettivo, sia danni derivanti dalla lesione di un interesse non avente la consistenza di un diritto soggettivo, nei rapporti tra privati e PA l’interesse legittimo, che è certamente una situazione giuridica soggettiva con una tutela minore di quella accordata al diritto soggettivo, finiva per valere meno ai fini della tutela risarcitoria di interessi che trovavano nei rapporti tra privati la predetta tutela.

– Importante è anche l’ordinamento comunitario, per il quale vige il principio che la Comunità deve risarcire i danni arrecati dalle sue istituzioni nell’esercizio delle loro funzioni.

– Importante è anche il d.lgs. 80/1998, con il quale sono state ampliate le materie di giurisdizione esclusiva (facendovi rientrare i servizi pubblici, l’urbanistica e l’edilizia), ed è stata prevista la possibilità per il giudice amministrativo di condannare in sede di giurisdizione esclusiva l’amministrazione al risarcimento del danno ingiusto.

– La sent.Cass. 500, nell’aprire alla risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione dell’interesse legittimo, ha affrontato ed offerto soluzioni alle molte questioni sia di ordine sostanziale sia di ordine processuale. Riguardo alle questioni processuali, nella sentenza i giudici avevano posto due regole molto chiare:

  1. Il giudice competente a risolvere le controversie in tema di risarcimento dei danni derivanti dalla lesione dell’interesse legittimo era stato individuato nel giudice ordinario con la sola eccezione delle controversie rientranti nelle materie di giurisdizione esclusiva spettanti al giudice amministrativo;
  2. Il rapporto tra l’azione di annullamento del provvedimento illegittimo e l’azione risarcitoria, le quali potevano essere proposte alternativamente ovvero pendere contemporaneamente, l’una dinanzi al giudice amministrativo, l’altra dinanzi al giudice ordinario;

Ciò evitava al privato di doversi sobbarcare l’onere di due processi dinanzi a giudici diversi. Riguardo le questioni sostanziali:

  1. Esplicito abbandono da parte dei giudici della necessaria correlazione tra danno ingiusto e lesione del diritto soggettivo;

la Cassazione quindi riconosce che non vi è alcun argomento da cui si possa desumere l’applicabilità della disciplina soltanto ai danni derivanti dalla lesione del diritto soggettivo.

  1. Esplicito abbandono della tesi della tipicità della fattispecie;

la Cassazione afferma quindi che la locuzione danno ingiusto non va correlata ad una situazione giuridica soggettiva tipizzata in altra norma: essa va invece interpretata come una clausola generale che offre protezione nei confronti dei danni arrecati anche da interessi che, pur non essendo riconosciuti da altra norma in termini di situazioni giuridiche soggettive, tuttavia appaiono meritevoli di tutela e protezione da parte dell’ordinamento giuridico, la cui selezione spetta al giudice attraverso un giudizio di comparazione degli interessi in conflitto.

Dunque a giudizio della Cassazione l’illecito disciplinato dall’art. 2043 c.c. non è tipico, bensì atipico, nel senso che esso non offre protezione soltanto nell’ipotesi di danni derivanti dalla lesione del diritto soggettivo (che in quanto tale è riconosciuto e tipizzato in altra norma) ma anche ad interessi non aventi la consistenza di diritto soggettivo (e dunque non tipizzati da altra norma);

Quindi l’art. 2043 non è norma secondaria, ma norma primaria.

– La Cassazione fa propria una particolare teoria dell’interesse legittimo, ossia quella teoria che individua l’oggetto dell’interesse legittimo nell’interesse al bene della vita.

In tale circostanza, mentre la lesione dell’interesse legittimo oppositivo da parte di un provvedimento riconosciuto illegittimo è condizione necessaria e sufficiente per ottenere il risarcimento dei danni patiti, viceversa la lesione dell’interesse legittimo pretensivo è una condizione necessaria ma non sufficiente ai fini del risarcimento del danno.

Quindi in quest’ultimo caso, ai fini del risarcimento del danno, il giudice non dovrà limitarsi ad accertare l’illegittimità del provvedimento di diniego ma dovrà anche, per mezzo di un giudizio che viene definito prognostico, verificare se al titolare dell’interesse legittimo spettasse l’adozione del suddetto provvedimento.

– La Corte di Cassazione ha inoltre stabilito: che è necessario dimostrare la colpa dell’apparato (in riferimento alla pubblica amministrazione), la quale consiste nella violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione.

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