Introduzione

I controlli amministrativi consistono nella verificazione di atti o attività di PPAA.

Tutti gli atti e le attività delle pubbliche amministrazioni possono formare oggetto di controlli. Si tratta del principio della generalizzazione del controllo, basato sulla considerazione che l’attività amministrativa è rilevante in tutti i suoi aspetti per i fini che persegue.

La finalità del controllo è di migliorare l’attività amministrativa ed il modo in cui l’amministrazione cura gli interessi pubblici che è chiamata a perseguire. Per questo motivo l’attività di controllo e l’attività amministrativa sono in un rapporto di accessibilità, cioè la funzione di controllo è strumentale rispetto all’amministrare e appartengono ambedue all’organizzazione della funzione principale – amministrativa, parlamentare, di governo – cui accedono.

L’autorità di controllo dispone di una posizione giuridica di potere rispetto al soggetto controllato a fronte del quale corrisponde un dovere di cooperazione, consistente nell’obbligo del soggetto controllato di sottostare a tale attività di verifica, rendendo possibile ogni tipo di attività necessaria a consentirne l’esercizio. Le due situazioni, da un lato, di potere, e, dall’altro, di obbligo determinano un rapporto giuridico consistente in una relazione intersoggettiva tra controllore e controllato.

 

Il rapporto di controllo e le sue caratteristiche

Nel rapporto di controllo rientrano:

– le parti, in posizione di subordinazione, di equiordinazione, di autonomia o di reciproca indipendenza;

– l’oggetto, cioè l’attività amministrativa da controllare, dagli atti singolarmente considerati ai risultati delle pubbliche gestioni;

– il parametro, cioè il conseguimento di determinati obiettivi fissati dalla legge, dai regolamenti o da appositi piani e programmi;

– il giudizio, in altre parole, la valutazione di conformità ad una regola prestabilita nel parametro;

– la misura, rappresentata dall’intervento che segue al giudizio secondo i poteri fissati dalle norme. Non vi rientra, invece, la finalità, rapportata ogni volta all’interesse specifico per il quale è intestata l’attribuzione di controllo all’autorità.

 

Le parti

Nel rapporto di controllo fra autorità subordinate l’una all’altra, in posizione di gerarchia, direzione o delega, l’autorità sopraordinata ha il potere di annullare, modificare, revocare gli atti dell’autorità inferiore; di verificare l’osservanza di ordini o direttive, l’organizzazione degli uffici anche nella loro adeguatezza in relazione alla funzione svolta; di chiedere informazioni sull’impiego delle risorse finanziarie o sui risultati conseguiti, o di sanzionare i comportamenti di titolari di uffici; ma non di sostituirsi all’autorità controllata.

Nella fattispecie concreta, invece, questi poteri difficilmente sono presenti tutti contemporaneamente in un unico rapporto di controllo, ma sono spesso dissociati: ad esempio, il ministro ha un potere di indirizzo sull’attività dei dirigenti, ma non di revocare gli atti di competenza di questi, potendo solo annullarli per motivi di legittimità (art. 14, d.lgs. n. 165/2001).

Considerato che i rapporti di controllo fra autorità equiordinate implicano una soggezione tra autorità dello stesso livello, solitamente non consentita, affinché si instaurino è necessaria una specifica norma di legge (si pensi al potere di verifica del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, in sede di predisposizione del bilancio annuale, degli oneri delle funzioni e dei servizi istituzionali di ciascun ministero e dello stato di attuazione dei programmi in corso, ai sensi dell’art. 3, legge n. 94/1997); quindi non possono fondarsi su specifiche consuetudini. Unica eccezione, degna di nota, è l’ipotesi convenzionale, quando più amministrazioni si accordano, su base volontaria, per esercitare in comune determinate attività, prevedendo così rapporti di controllo.

 

L’oggetto e il parametro

II controllo su atti è un controllo preventivo (ex ante) che precede l’introduzione dell’atto nell’ordinamento e ne condiziona l’acquisto di efficacia, basato sulla legittimità, sulla conformità dell’atto alle norme immediatamente efficaci nell’ordinamento. Il controllo della Corte dei conti sugli atti del governo, previsto dall’art. 100 cost., è un controllo preventivo di legittimità ad effetto impeditivo dell’efficacia.

Il controllo su attività o su gestioni, invece, è proprio per sua natura un controllo esclusivamente successivo (ex post), in quanto la verifica dei risultati o della realizzazione degli obiettivi fissati nel programma non può che avvenire una volta conclusa l’attività o la gestione pubblica.

 

Il giudizio e la misura

Il controllo di legittimità si caratterizza perché la regola di giudizio è costituita da una norma giuridica (es. controllo CdC sugli atti del governo). Nel controllo di merito o di opportunità la regola è la convenienza amministrativa (suscettibile però del più vario apprezzamento a seconda di chi esercita il controllo).

Ed, infine, il controllo tecnico o a carattere tecnico o scientifico si contraddistingue a seconda della tecnica utilizzata: può essere contabile, se riscontra l’osservanza delle regole sulla tenuta delle scritture, ovvero finanziario, se accerta la corrispondenza di entrate o di spese con il bilancio (ovvero ancora di qualità, di gestione, di valutazione del personale, c.d. strategico).

Non esiste una figura tipica di controllo di conformità, piuttosto il controllore ha il compito di valutare la conformità dell’azione amministrativa alla regola singolarmente presa a parametro.

Nel caso di giudizio su attività, al giudizio di controllo può seguire l’adozione di una misura favorevole a chi ha svolto l’attività, quando l’accertamento abbia avuto esito positivo; ad esempio nei confronti del dirigente che ha raggiunto un certo obiettivo.

 

I controlli amministrativi nella Costituzione

Due disposizioni:

L’art. 100 cost. prevede un controllo preventivo di legittimità ad opera della Corte dei conti ed uno successivo sempre della Corte sulla gestione del bilancio dello Stato e sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Solo il primo, però, è sugli atti del governo (che il legislatore ha individuato espressamente con l’art. 3, legge n. 20/1994).

L’indipendenza della CdC e dei suoi componenti nei confronti del Governo

In generale, i controlli sul rispetto degli obblighi comunitari non sono null’altro che il riflesso dell’appartenenza dello Stato all’Unione europea e perciò si fondano sugli artt. 11 e 117 cost. che sanciscono in Costituzione i vincoli derivanti da quest’appartenenza.

Rientrano in questa categoria i controlli comunitari e nazionali tanto sull’utilizzo dei fondi comunitari, quanto sull’osservanza del ”patto di stabilità e crescita”, che vincola gli Stati dell’Unione a realizzare determinati obiettivi di finanza pubblica.

 

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