Premessa

Gli atti del giudice sono classificati come decreti, ordinanze e sentenze

 

Ordinanze e decreti

Le ordinanze regolano lo svolgimento del processo ed in genere non hanno valenza decisoria (eccezioni: ordinanza di convalida di sfratto o di rilascio dell’immobile). Di norma è modificabile e revocabile dal giudice che l’ha emessa, inoltre deve essere brevemente motivata. Può essere pronunciata in udienza, quindi risulta dal verbale, o fuori udienza nel qual caso è scritta in calce al verbale ed è datata.

Il decreto invece è una delle forme in cui si può presentare un provvedimento giurisdizionale.

A differenza della sentenza e dell’ ordinanza il decreto non presuppone il contraddittorio e viene emesso quindi inaudita altera parte, sia perché può determinare un fatto processuale che necessariamente non presuppone ancora la conoscenza della lite da parte del convenuto (es. decreto di fissazione dell’udienza di discussione a seguito della presentazione di un ricorso), sia perché può risolvere una questione che, a causa della sua urgenza, non consente la previa instaurazione del contraddittorio (es. decreto di sospensione dell’efficacia di un atto avverso il quale è presentato ricorso).

Nei casi più ricorrenti il decreto ha funzioni ordinatorie, non presuppone l’insorgere di questioni tra le parti e non ha bisogno di un contraddittorio (tranne qualche rara eccezione). Non ha bisogno di essere motivato (anche qui sono contemplate delle eccezioni: ad esempio, decreto con cui si abbreviano i termini di comparizione oppure di rigetto di ricorso avverso a decreto ingiuntivo) e può essere pronunciato d’ufficio o su istanza di parte, orale o scritta (ricorso in calce al quale è, se accolta dal giudice, scritto il decreto), presentata in udienza o fuori.

 

La sentenza

È provvedimento decisorio che può essere di rito, di merito, può decidere parzialmente il merito, può essere definitiva o non definitiva. Sono irrevocabili dal giudice che le ha poste in essere, e devono contenere: l’indicazione del giudice, l’indicazione delle parti, l’indicazione delle conclusioni delle parti (cosa chiedono), lo svolgimento del processo, la motivazione e il dispositivo, la data, la sottoscrizione a pena di nullità. È pubblicata mediante deposito in cancelleria e il cancelliere entro 5 giorni la comunica alle parti costituite (senza notificazione), con un biglietto che contenga il dispositivo.

 

Inesistenza e invalidità degli atti processuali

artt. 156, 157, 159 c.p.c. e art.162 c.p.c. per quanto riguarda la rinnovazione degli atti e la correzione della sentenza.

Art. 156 c.p.c.:

Non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non è comminata dalla legge (principio della tassatività delle nullità).

Può tuttavia essere pronunciata quando l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo (estensione).

La nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato (limite). Art. 157 c.p.c.:

Non può pronunciarsi la nullità senza istanza di parte, se la legge non dispone che sia pronunciata d’ufficio (principio cardine del processo, la nullità degli atti, a meno che la legge non preveda la rilevabilità d’ufficio, può essere esaminata solo su istanza di parte: principio del dispositivo).

Soltanto la parte nel cui interesse è stabilito un requisito può opporre la nullità dell’atto per la mancanza del requisito stesso, ma deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all’atto o alla notizia di esso.

La nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, né da quella che vi ha rinunciato anche tacitamente.

Art. 159 c.p.c.:

La nullità di un atto non importa quella degli atti precedenti, né di quelli successivi che ne sono indipendenti (limiti esterni).

La nullità di una parte dell’atto non colpisce le altre parti che ne sono indipendenti (limiti interni).

Se il vizio impedisce un determinato effetto, l’atto può tuttavia produrre gli altri effetti ai quali è idoneo (conversione).

Art. 162 c.p.c.:

 

Rinnovazione e correzione degli atti invalidi

Il giudice che pronuncia la nullità deve disporre, quando sia possibile, la rinnovazione degli atti ai quali la nullità si estende.

Se la nullità degli atti del processo è imputabile al cancelliere, all’ufficiale giudiziario o al difensore, il giudice, col provvedimento col quale la pronuncia, pone le spese della rinnovazione a carico del responsabile e, su istanza di parte, con la sentenza che decide la causa può condannare quest’ultimo al risarcimento dei danni causati dalla nullità.

 

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