Agli atti normativi emanati dalle pubbliche amministrazioni, come molti statuti e regolamenti, si applica il regime giuridico del provvedimento amministrativo: sono soggetti alla disciplina legislativa del procedimento, impugnabili dinanzi al giudice amministrativo (in quanto ”atti della pubblica amministrazione”, ai sensi dell’art. 113 cost.), disapplicabili da quello ordinario e così via.

Dal contenuto normativo, peraltro, derivano alcune particolarità rispetto a tale regime. In primo luogo, la Costituzione provvede a ripartire tra i diversi livelli di governo non solo la potestà legislativa, ma anche quella di emanare atti normativi subordinati alla legge. In particolare, l’art. 117 cost., come modificato nel 2001, attribuisce la potestà regolamentare allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, agli enti locali in ordine alle funzioni loro attribuite, alle regioni in tutte le altre materie.

In secondo luogo, questi atti hanno i caratteri tipici delle fonti del diritto:

– devono essere pubblicati;

– la loro ignoranza è inescusabile;

– vanno interpretati secondo i principi stabiliti dalle preleggi;

– non possono essere derogati da atti puntuali e la loro violazione dà luogo a illegittimità per violazione di legge;

– nel caso di loro violazione o erronea applicazione è ammesso il ricorso in cassazione per violazione di legge;

– vale per essi il principio iura novit curia.

In terzo luogo, diversamente da quanto accade nel diritto comunitario:

– sono sottratti all’obbligo di motivazione e

– ai loro procedimenti non si applicano le norme sulla partecipazione degli interessati.

Sono atti amministrativi generali, ad esempio, le direttive, i bandi, gli atti con i quali vengono fissate tariffe o livelli di prestazione nei servizi pubblici, quelli con i quali vengono approvati moduli e prospetti informativi, i codici di comportamento e così via. Essi sono molto frequenti, anche perché la legge spesso impone alle autorità amministrative di stabilire criteri generali per la propria azione.

Questi atti sono soggetti al regime del provvedimento ma spesso, proprio per il loro contenuto generale, non sono autonomamente impugnabili dinanzi al giudice amministrativo, in quanto non ledono immediatamente l’interesse dei privati. Essi, quindi, devono essere impugnati unitamente agli atti applicativi : per esempio, il regolamento che ha posto un divieto insieme a quello che irroga la sanzione per la sua violazione; il bando di un concorso insieme al provvedimento di esclusione dal concorso stesso (ma, se il bando contiene clausole immediatamente lesive dei suoi interessi, per esempio stabilendo requisiti dei quali egli sia sprovvisto, il candidato ha l’onere di impugnarlo immediatamente).

 

Altri tipi particolari di atto

Gli atti dichiarativi, conclusivi dei relativi procedimenti, sono di regola dichiarazioni di scienza e non di volontà. Essi sono per lo più sottratti, almeno in parte, al regime processuale tipico del provvedimento, perché le norme prevedono la loro impugnazione dinanzi a giudici diversi da quello amministrativo o predispongono rimedi diversi dall’impugnazione, come la querela di falso. Tuttavia, i relativi procedimenti sono tendenzialmente soggetti alla disciplina della legge n. 241/1990, al potere di autotutela dell’amministrazione (per esempio, all’annullamento d’ufficio) e anche a norme processuali come quelle relative al silenzio dell’amministrazione.

Molte Sanzioni Amministrative sono in buona parte sottratte al regime del provvedimento: il loro procedimento è disciplinato dalle norme in modo più dettagliato, accentuando la garanzia del contraddittorio, ed esse sono impugnabili dinanzi a giudici diversi da quello amministrativo (di regola il giudice ordinario).

Gli Atti di Controllo sono di regola provvedimenti amministrativi, anche se la giurisprudenza esclude l’impugnabilità dinanzi al giudice amministrativo di quelli della Corte dei conti.

Gli Atti Strumentali del procedimento possono a loro volta essere provvedimenti.

L’emanazione di Atti Esternati Oralmente, normalmente da un lato non richiede un procedimento. Dall’altro, essi non sono di per sé impugnabili dinanzi al giudice amministrativo: non solo perché le norme sul processo amministrativo richiedono il deposito del provvedimento impugnato insieme al ricorso, ma anche per l’immediatezza dei loro effetti.

Di regola, infatti, l’illegittimità di un ordine verbale non viene fatta valere in sede di impugnazione, ma in altri modi: per esempio, impugnando il provvedimento sanzionatorio irrogato in seguito al mancato rispetto dell’ordine stesso. Per altri aspetti (come la disapplicabilità e la sindacabilità per eccesso di potere), tuttavia, questi atti condividono il regime del provvedimento.

 

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