Di inquinamento atmosferico si parla per la prima volta nel r.d. 1265/1934 (T.U. delle leggi sanitarie), che agli artt. 216 e 217 tratta delle industrie insalubri. Il d.lgs. 152/2006 opererà un esplicito richiamo al regio decreto nell’art 262.

Nell’art 216 c’è scritto del r.d. 1265/1934 c’è scritto che le manifatture che possono essere pericolose per la salute degli abitanti devono essere indicate in un elenco che divide tali manifatture in due classi: quelli di prima classe non possono stare in centri abitati, quelli di seconda classe possono stare in centri abitati ma solo con determinati accorgimenti e sistemi. Anche l’industria di prima classe può stare in centri abitati, ma solo se il titolare dimostra di adottare cautele in grado di azzerare la pericolosità derivante dalla propria attività. L’art 217, poi, riporta che il sindaco deve fissare determinate prescrizioni per evitare immissioni dannose per la salute pubblica.

C’è anche il r.d. 45/1901 che afferma che, ai fini della classificazione di un’attività come insalubre, serve un provvedimento della giunta comunale; periodicamente, per stare al passo con il progresso tecnologico, si aggiorna il relativo elenco. La finalità astratta dell’elencazione è che basta che un’attività sia contenuta nell’elenco per essere considerata insalubre; quella concreta (e prevalente) è che serve prima compiere un’analisi del processo produttivo, non basta l’inclusione nell’elenco.

Ci sono tre settori in cui viene diviso l’inquinamento atmosferico; la divisione viene fatta sulla base della sorgente che produce l’inquinamento:

  1. Impianti termici di uso civile, disciplinati dalla l. n. 615/1966 e dal d.p.r. 1391/1970;
  2. Impianti industriali, disciplinati dal d.p.r. 203/1988 e dal d.p.c.m. 21 luglio 1989;
  3. Traffico veicolare, la cui normativa si trova nel Codice della Strada e nei decreti ministeriali.

La l. n. 615/1966, peraltro abrogata, prevedeva la zonizzazione del territorio come strumento fondamentale per la tutela. La zonizzazione (dalla lingua inglese zoning) è uno strumento dell’urbanistica consistente nel suddividere il territorio in aree omogenee secondo determinate caratteristiche.

Il d.p.r. 203/1988 definiva l’inquinamento come la compromissione delle attività ricreative o degli usi legittimi dell’ambiente e l’impianto come stabilimento o impianto fisso utile per usi industriali o di pubblica utilità, con potenzialità inquinanti. Prevedeva, inoltre, due gruppi di valori di accettabilità, i valori limite e i valori guida.

E’ intervenuto infine il d.lgs. 152/2006, in particolare la parte V (Tutela dell’aria e riduzione delle emissioni in atmosfera): la tripartizione di cui sopra è formalmente venuta meno, ma solo nel senso che mancano tre diverse discipline perché in sostanza è sopravvissuta. La parte V del d.lgs. 152/2006 e suddivisa in tre titoli:

  • Titolo I: va dall’art. 267 all’art. 281 e tratta della prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività (corrisponde grosso modo al vecchio d.p.r. 203/1988);
  • Titolo II: dall’art. 282 all’art. 290, disciplina gli impianti termici civili;
  • Titolo III: combustibili.
  • (Allegati I-X)

Noi ci occuperemo solo del primo Titolo.

C’è da dire che i criteri direttivi posti dalla l. n. 308/2004 (cosiddetta legge delega ambientale) all’art 1, co. 9, lett. g sono stati in gran parte disattesi; forse l’unica disposizione attuata è quella riguardante l’integrazione delle emissioni di impianti civili nella disciplina delle emissioni atmosferiche.

Le principali novità introdotte dalla parte V sono che questa:

  • Riunifica le varie discipline sull’inquinamento atmosferico (come la l. n. 615/1966); resta, ovviamente, fuori la disciplina sull’inquinamento veicolare, contenuta nel Codice della Strada;
  • Amplia la nozione di impianto;
  • Disciplina anche qualche attività senza impianto;
  • Introduce un termine di durata (15 anni) per le autorizzazioni (certo, ora non sono più a tempo indeterminato, ma hanno un termine lunghissimo, non coordinato con le altre autorizzazioni ambientali);
  • Introduce la conferenza di servizi: si modificano, quindi, le modalità di rilascio delle autorizzazioni;
  • Sostituisce il concetto di “migliori tecnologie possibili” con il più moderno concetto di “migliori tecniche disponibili” (BAT, Best Available Techniques);
  • Introduce un obbligo di convogliamento delle emissioni diffuse;
  • Disciplina le ipotesi di guasto tecnico, nel caso in cui questo causi un superamento delle emissioni atmosferiche concesse.

Il Titolo I, ai sensi dell’art. 267, si applica agli impianti, compresi gli impianti termici civili NON disciplinati dal Titolo II (ai sensi dell’art. 282): quelli aventi potenza termica nominale uguale o superiore a quella stabilita dall’art 269, commi 14-16. Il Titolo in questione abroga espressamente (art. 280) il d.p.r. 203/1988, il d.p.c.m. 21 luglio 1989, il d.m. 12 luglio 1990 e il d.p.r. 25 luglio 1991; accanto alle abrogazioni espresse vi sono riferimenti a norme che, non ritenendosi abrogate espressamente, si ritengono ancora applicabili. Per esempio, per gli impianti sottoposti ad AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) resta in vigore il d.lgs. 59/2005 quando questo prevede una disciplina più specifica, per la normativa generale si applicherà il nuovo d.lgs. 152/2006.

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