Il diritto di enfiteusi consiste in un diritto reale minore riconosciuto al soggetto (enfiteuta) al quale si attribuiscono fondi rustici, con il diritto di goderne i frutti (art. 959) e con il dovere di migliorarli e di versare annualmente il canone efiteutico, che non può essere ridotto per qualunque insolita sterilità del fondo o per la perdita dei frutti (art. 960). La legislazione speciale tende privilegiare chi coltiva effettivamente il fondo (enfiteuta) su chi ne ha la semplice titolarità formale (proprietario).

L’enfiteusi può essere (art. 958):

  • perpetua.
  • a tempo, ma non può essere inferiore a venti anni.

Quando l’enfiteuta diviene proprietario del fondo si ha l’affrancazione (art. 971). Per tutelare la posizione dell’enfiteuta, favorendo così l’acquisto della proprietà da parte di chi rende produttivo il fondo, la legge dispone che l’affrancazione avvenga non più pagando una somma calcolata sulla capitalizzazione del canone annuo sulla base dell’interesse legale (art. 971 co. 3), ma col pagamento di una somma piuttosto modesta, pari a quindici volta l’ammontare del canone (l. n. 1138 del 1970).

Il concedente può chiedere la devoluzione (restituzione) del fondo (art. 972):

  • se l’enfiteuta deteriora il fondo.
  • se l’enfiteuta non adempie all’obbligo di migliorare il fondo.
  • se l’enfiteuta è in mora nel pagamento di due annualità di canone.

Quando cessa l’enfiteusi, all’enfiteuta spetta il rimborso dei miglioramenti nella misura dell’aumento di valore conseguito dal fondo per effetto dei miglioramenti stessi (art. 975 co. 1).

Ai titolari dei quattro diritti minori esaminati fino ad ora spetta l’esercizio dell’azione confessoria prevista per la tutela della servitù (art. 1079).

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