Il principio in questione non trova espressione normativa, desumendosi a contrario dalla disciplina degli accertamenti integrativi e modificativi contenuta nel 4° del 43. In base a questo art l’atto di accertamento (notificato al contribuente) può essere integrato/modificato in aumento (fino alla scadenza del termine di decadenza previsto da legge) ma solo in base a sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi (da indicare specificamente a pena di nullità nell’avviso di accertamento). Così la legge impone un’adeguata ponderazione di elementi probatori a disposizione dell’ufficio, per evitare che atti o fatti siano in seguito valorizzati (in presenza es. di una fondata contestazione da parte del contribuente di quelli usati dall’ufficio). Si han però dei casi in cui la prova di singoli rilievi può presentarsi già attendibile, ma ciò non si può dire dell’intera posizione fiscale del contribuente relativa a un certo periodo d’imposta: in questo caso la notificazione di un avviso di accertamento che valorizzi solo gli elementi probatori già acquisiti finirebbe per imporre una limitazione ad un successivo approfondimento della posizione reddituale del contribuente. per questo motivo gli uffici dell’AE possono limitarsi ad accertare il reddito o il maggior reddito imponibile qualora dagli accessi/ispezioni/verifiche o da dati in possesso dell’anagrafe tributaria risultino elementi che consentano di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato ovvero il maggior ammontare di un reddito parzialmente dichiarato (che avrebbe dovuto concorrere a formare il reddito imponibile). Questa attività di accertamento deroga a quella ordinaria (quest’ultima si fonda sull’attendibilità delle fonti informative da cui promana la base probatoria del recupero a tassazione).

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