La plebe romana non era alla ricerca di un capo, perché aveva già un gruppo dirigente emerso dalle sue file e costituito da alcune famiglie facoltose ad autorevoli, i cui membri rappresentavano il proprio ordine come tribuni della plebe o edili; inoltre, essi erano stati recentemente ammessi anche al tribunale militare. Il fine perseguito da questo gruppo era quello di assidersi al vertice della Repubblica insieme con i patrizi. Per raggiungere lo scopo mancava solo l’accesso al consolato e la situazione determinatasi nell’ultima fase del tribunato militare poteva far apparire la meta vicina.

Chiedendo l’accesso al consolato, i plebei proclamavano la propria capacità di prendere gli auspici per lo Stato, e più generalmente di rappresentare il popolo romano nei suoi rapporti con gli dei. L’agitazione fu seguita da due tribuni della plebe, Gaio Licino Stolone e Lucio Sestio Laterano. Secondo la tradizione, il conflitto durò 10 anni; Licino e Sestio sarebbero stati eletti al tribunato ogni anno, per tutto il decennio, e per cinque anni avrebbero impedito l’elezione delle magistrature.

I resoconti sul modo in cui fu approvata la riforma sono molto confusi e a tratti addirittura incomprensibile. Si parla normalmente di una legge Licinia Sestia (de cosule plebeio), ma anche di una legge Licinia: non esisteva una tradizione sicura nemmeno sul nome del proponente. L’unico dato su cui non vi è ambiguità e il consenso del senato.

Si deve pertanto supporre che non vi sia stata alcuna legge, ma solo un’impegno politico dei patrizi ad accettare candidati plebei per il consolato e a ratificarne l’elezione. Sembra che la legge consentisse che uno dei due consoli fosse plebeo, ma non escludesse la possibilità che entrambi i magistrati fossero patrizi Tale compromesso del 367 fu il frutto di una realtà politica economica e sociale mutata nel corso della prima metà del IV sec.

Pose le premesse di un nuovo assetto dei rapporti tra i ceti incidendo su aspetti non marginali delle condizioni materiali di vita dei plebei: modificò radicalmente i termini della lotta di classe a Roma nonché l’evoluzione delle strutture politiche istituzionali della Repubblica.

Dopo la riforma del 367 l’ordinamento dello Stato assunse caratteristiche definite: si stabilirono sequenze, gerarchie, derivazioni, condizionamenti, che dettero vita alla tipica forma di governo nota come governo senatorio, destinato a rimanere durevole sino alla crisi della Repubblica. I nuovi gruppi dirigenti patrizio-plebei riuscirono quindi a realizzare uno spostamento del baricentro del potere di direzione politica verso il senato, a cui divenne subordinato il potere magistratuale nel suo complesso.

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