L’intervento nell’economia dello Stato Italiano: le linee costituzionali e il diritto comunitario

L’art.41 della Costituzione enuncia nel primo comma la libertà dell’iniziativa economica privata, ritenendo il diritto di impresa come diritto del privato sia nella sua costituzione, che nel suo svolgimento. Nel secondo comma invece sancisce che “Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Nel terzo comma infine prevede che “La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. In relazione a quest’ultimo comma bisogna sottolineare come il mercato da solo non sia in grado di assicurare il rispetto di tutti i valori costituzionali per cui vi è l’azione dei pubblici poteri estrinsecata in due forme:

INTERVENTO ESTERNO (con una disciplina vincolistica che incida sull’iniziativa privata, es: legge sul blocco degli affitti) e INTERVENTO INTERNO (con imprese pubbliche che operano all’interno del mercato e sono soggette alle direttive statali). La disciplina costituzionale relativa ai rapporti economici è contenuta negli artt.35-43, ed è integrata dalle disposizioni di diritto comunitario volte all’instaurazione del mercato comune ed all’eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali.

La programmazione economica. Generalità

La programmazione è qualificata come organizzazione di mezzi e strumenti diretti al conseguimento di obiettivi coordinati, secondo un progetto omogeneo e proiettato nel futuro in una prospettiva di medio o lungo termine a cui di norma si accompagna una verifica conclusiva dei risultati. Essa è un’attività dei pubblici poteri volta a determinare l’indirizzo e l’impulso all’economia ed è vincolante per gli organi che l’hanno introdotto. Sebbene parte della dottrina qualifichi gli interventi in materia economica come misure di politica economica, in realtà essi sono controlli ex ante del dinamismo del mercato.

Gli scopi della programmazione possono essere così riassunti:

1) Eliminazione degli squilibri territoriali di rendimento e remunerazione

2) Allocazione delle risorse piena ed efficiente

3) Equa distribuzione dei redditi

4) Miglioramento dei servizi pubblici essenziali

5) Struttura dei consumi soddisfacente mantenendo elevato il tasso di crescita economica nel lungo periodo

La programmazione può essere di tre tipi dal punto di vista temporale:

a) Breve periodo: presenta scelte amministrative definitive non in grado di influenzare gli operatori economici privati.

b) Lungo periodo: tiene conto delle relazioni tra pubblici poteri e scelte private ma risente negativamente dei mutamenti sopravvenuti.

c) Medio periodo (1 anno): sono preferibili ai due precedenti, tuttavia sono stati considerati analoghi ai bilanci di governo da parte della dottrina, tuttavia essi devono costituire un piano normativo, capace di impegnare giuridicamente i governi, sebbene frutto di convergenze con le Amministrazioni pubbliche interessate. Si distingue in tale ambito anche tra programmazione direttiva (disegno di politica economica che esplica attività vincolate per i pubblici poteri) e programmazione per obiettivi (fissazione degli obiettivi con scelte politiche ed utilizzo di determinati strumenti per ordinare le azioni degli operatori economici pubblici e privati).

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