La normativa che ha per oggetto la prova penale risente della scelta che può essere operata tra i due fondamentali sistemi processuali:

  • nel sistema inquisitorio la materia della prova è scarsamente regolata: il principio di autorità, infatti, comporta che ad un unico soggetto (giudice inquisitorie) siano concessi pieni poteri nella ricerca, nell’ammissione, nell’assunzione e nella valutazione della prova. Dato che nel giudice inquisitore si cumulano tutte le funzioni attinenti al processo, non si sente la necessità di regolare la materia. Un’eventuale regolamentazione, infatti, si tradurrebbe immediatamente in un limite all’accertamento della verità, cosa questa che sarebbe contraria al postulato del sistema inquisitorio, che impone il massimo del cumulo dei poteri processuali per accertare nel modo migliore la verità;
  • nel sistema accusatorio la prova è oggetto di un’attenta e penetrante regolamentazione: il principio dialettico, infatti, comporta che i poteri di ricerca, di ammissione, di assunzione e di valutazione della prova siano ripartiti tra il giudice, l’accusa e la difesa in modo che nessuno di essi possa abusarne.

In questo secondo sistema, chiaramente, risulta indispensabile regolamentare la materia della prova. Il Codice del 1988, quindi, recependo la scelta del sistema accusatorio, ha previsto che i poteri del giudice e delle parti siano distribuiti in vario modo nelle fasi della ricerca, dell’ammissione, dell’assunzione e della valutazione della prova (libro III):

  • al giudice viene riservato il potere di decidere;
  • alle parti viene attribuito il potere di ricercare le prove, di chiederne l’ammissione e di contribuire alla formazione delle stesse;
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