All’imputato è riconosciuto un vero e proprio diritto ad ottenere un’equa riparazione per la custodia cautelare subita ingiustamente (art. 314). La domanda di riparazione viene presentata dall’imputato dopo che la sentenza è divenuta irrevocabile e su di essa decide la Corte di appello con un procedimento camerale.

Il presupposto del diritto ad ottenere l’equa riparazione consiste nell’ingiustizia (sostanziale o formale) della custodia cautelare. Il codice, tuttavia, non impone di accertare se essa sia dovuta ad un atto illecito compiuto dall’autorità giudiziaria (onere pesante per richiedente), ma si limita a prevedere la necessità di dimostrare che la situazione rientra in una delle due ipotesi di ingiustizia previste espressamente dall’art. 314 (riparazione e non risarcimento):

  • ingiustizia sostanziale(co. 1), che si ha quando l’imputato sia stato assolto per motivi completamente liberatori in punto di responsabilità:
    • con una sentenza irrevocabile di assoluzione, deve avere uno dei seguenti dispositivi (fatto non sussiste, imputato non l’ha commesso, il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato);
    • con una sentenza di non luogo a procedere pronunciata al termine dell’udienza preliminare (co. 3);
    • con un provvedimento di archiviazione emesso all’esito delle indagini preliminari
  • ingiustizia formale (co. 2), che si ha quando la custodia cautelare risulta applicata illegittimamente, a prescindere dall’esito del processo a carico dell’imputato (condanna o proscioglimento). Il diritto alla riparazione, in questi casi, presuppone soltanto che sia stato accertato con decisione irrevocabile che il provvedimento custodiale è stato emesso senza che esistessero le condizioni di applicabilità previste dagli artt. 273 e 280.

Il codice, tuttavia, pone al diritto alla riparazione alcuni ostacoli:

  • il diritto alla riparazione viene escluso per quella parte di custodia cautelare che è stata comunque computata ai fini della determinazione della quantità di pena detentiva che avrebbe dovuto essere scontata dall’imputato condannato (co. 4);
  • l’imputato non ha diritto alla riparazione se ha dato causa o ha concorso a dare causa all’ingiusta custodia cautelare per dolo o colpa grave (co. 1).

Il procedimento per chiedere la riparazione comporta che la domanda di riparazione deve essere proposta alla corte di appello entro due anni da quando la sentenza di proscioglimento o di condanna è divenuta irrevocabile, la sentenza di non luogo a procedere è divenuta inoppugnabile o è stata effettuata la notificazione del provvedimento di archiviazione alla persona nei cui confronti è stato pronunciato (art. 315 co. 1). L’entità della riparazione, comunque, non può eccedere € 516.456 (co. 2).

Occorre sottolineare che nessuna riparazione è prevista per l’ingiusta applicazione di misure coercitive non custodiali. In merito alle misure precautelari, tuttavia, la sentenza n. 109 del 1999 del Corte costituzionale ha esteso il diritto alla riparazione ai casi in cui:

  • sia stato disposto un arresto in flagranza o un fermo successivamente non convalidato;
  • sia stata convalidata la misura, non seguita da un provvedimento di custodia cautelare, qualora sia intervenuta una sentenza irrevocabile di assoluzione.
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