Atti tipici svolti con l’esercizio di poteri coercitivi:

  • identificazione dell’indagato o di altre persone;
  • perquisizione;
  • acquisizione di plichi o di corrispondenza;
  • accertamenti urgenti;
  • arresto in flagranza;
  • fermo di persona gravemente indiziata.

Identificazione

Si tratta di un atto non garantito che ha come scopo quello di individuare le generalità di tutte le persone che possono avere un ruolo negli sviluppi del procedimento e che pertanto potrebbe risultare indispensabile contattare (art. 349 co. 1). All’identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini può procedersi anche eseguendo rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici (co. 2). La polizia giudiziaria può procedere anche al prelievo di capelli o di saliva (materiale biologico), ma solamente previa autorizzazione del pubblico ministero. Qualora non vi sia il consenso dell’interessato, peraltro, le operazioni devono essere adempiute nel rispetto della dignità personale del soggetto (co. 2 bis).

La polizia giudiziaria, quando procede all’identificazione, invita la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini a dichiarare o ad eleggere il domicilio per le notificazioni (co. 3). Se taluna delle persone sopra indicate rifiuta di farsi identificare oppure fornisce generalità o documenti di identificazione in relazione ai quali sussistono sufficienti elementi per ritenerne la falsità, la polizia giudiziaria l’accompagna nei propri uffici e ivi la trattiene per il tempo strettamente necessario per l’identificazione (non oltre le dodici ore). Qualora l’identificazioni risulti particolarmente complessa la polizia può trattenere l’imputato sino a ventiquattro ore, previo avviso al pubblico ministero (co. 4).

Come detto analizzando l’interrogatorio del pubblico ministero, il diritto di non rispondere non abbraccia anche la dichiarazione della propria identità, per la cui completa identificazione la polizia giudiziaria può chiedere all’indagato anche il soprannome o lo pseudonimo, le condizioni di vita individuali, familiari o sociali e la situazione giudiziaria.

Sopralluogo

Il sopralluogo è un momento fondamentale per la buona riuscita delle indagini, dato che altrimenti le tracce lasciate sul luogo del reato non potrebbero essere più recuperate. Il sopralluogo è svolto dalla polizia giudiziaria attraverso una serie di atti:

  • attività di conservazione: gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria curano che le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato prima dell’intervento del pubblico ministero (art. 354 co. 1);
  • rilievi urgenti: se vi è pericolo che le cose, le tracce ed i luoghi del reato si alterino o si disperdano o comunque si modifichino, gli ufficiali possono compiere i necessari rilievi, a condizione che il pubblico ministero (co. 2):
    • non possa intervenire tempestivamente;
    • non abbia ancora assunto la direzione delle indagini;
    • accertamenti urgenti: si tratta di operazioni di tipo tecnico che devono essere compiute dalla polizia in presenza dei presupposti visti per i rilievi, cui di regola possono procedere solamente gli ufficiali, ma in casi di urgenza anche gli agenti (co. 2).

Deve essere comunque sottolineato che la polizia giudiziaria, quando agisce di propria iniziativa, deve conservare gli elementi di prova e non modificarli. Da qui il principio per cui essa può compiere solamente quegli accertamenti urgenti che non comportino modifiche all’elemento di prova;

  • sopralluogo su supporti e sistemi informatici: in relazione ai dati, alle informazioni ed ai programmi informatici od ai sistemi informatici o telematici, gli ufficiali adottano le misure tecniche o impartiscono le prescrizioni necessarie ad assicurarne la conservazione e ad impedire l’alterazione e l’accesso (co. 2);
  • sequestro probatorio: se del caso, gli ufficiali di polizia giudiziaria sequestrano il corpo del reato e le cose a questo pertinenti (co. 2).

Questi di cui abbiamo parlato costituiscono atti a sorpresa ai quali può assistere, senza preavviso, il difensore dell’indagato. In questo modo si riesce a contemperare il diritto alla difesa tecnica dell’indagato, con la necessità di tutela della pubblica sicurezza.

Prelievo di materiale biologico

La disciplina del prelievo di materiale biologico conserva alcune particolarità che debbono essere analizzate. Come abbiamo avuto modo di vedere la polizia giudiziaria, in sede di accertamento, può procedere al prelievo di materiale biologico anche senza il consenso dell’interessato, ma assolutamente previa autorizzazione del giudice. Se con il d.lgs. n. 144 del 2005 alla polizia era stata riconosciuta la possibilità di procedere al prelievo di materiale biologico in modo coattivo, con la l. n. 85 del 2009 questo potere è stato nuovamente sottratto.

La situazione non deve essere comunque in alcun modo confusa con l’acquisizione di reperti biologici: qualora tracce biologiche vengano estratte da luoghi, cose abbandonate od oggetti sottoposti a sequestro, infatti, non viene in considerazione alcuna attività invasiva o limitativa della libertà personale.

Perquisizione

Il legislatore ha evidenziato quattro requisiti di tale atto:

  • la polizia deve ricercare cose o tracce pertinenti al reato (art. 352 co. 1);
  • ci si deve necessariamente trovare in una particolare situazione:
    • flagranza di reato (co. 1);
    • evasione (co. 1);
    • esecuzione di una ordinanza che dispone la custodia cautelare, di un ordine che dispone la carcerazione nei confronti di persona imputata o condannata per un reato con obbligo di arresto in flagranza o di un ordine che dispone il fermo di persona indiziata di delitto (co. 2);
    • vi deve essere il pericolo che le cose o le tracce vadano disperse o si cancellino (co. 1);
    • vi deve essere fondato motivo di ritenere che nel luogo o sulla persona vi siano cose o persone ricercate (co. 1). Non occorre quindi la certezza, ma una sufficiente probabilità.

Il legislatore ha voluto novellare l’art. 352 con il co. 1 bis nel quale viene stilata un’apposita disciplina per la perquisizione di sistemi informatici o telematici.

Dobbiamo ricordare due fondamentali aspetti procedimentali, per cui la polizia giudiziaria deve:

  • avvisare l’indagato della facoltà di nominare un difensore di fiducia;
  • trasmettere senza ritardo, e comunque non oltre le quarantotto ore, al pubblico ministero del luogo dove la perquisizione è stata eseguita il verbale delle operazioni compiute (co. 4).

Il verbale di cui abbiamo appena parlato non deve essere confuso con la relazione di servizio, un atto avente rilevanza interna al corpo di appartenenza e destinato al dirigente dell’ufficio, al quale viene riferito tutto quello che è emerso durante il servizio. Sebbene l’atto svolga una funzione di polizia di sicurezza, gli operatori pratici ritengono che esso debba essere trasmesso anche al pubblico ministero e che debba essere inserito nel fascicolo per il dibattimento.

Recentemente una sentenza della Corte di cassazione ha stabilito che la relazione di servizio debba ritenersi atto non ripetibile, da inserire nel fascicolo per il dibattimento, solamente qualora si riferisca a circostanze non riproducibili genuinamente, mediante descrizione da parte del verbalizzante.

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