Le funzioni di polizia giudiziaria «sono svolte alle dipendenze e sotto la direzione

dell’autorità giudiziaria» (art. 56). L’elevazione al rango di soggetto del procedimento non altera, pertanto, la tradizionale collocazione della polizia giudiziaria tra gli organi ausiliari dell’autorità giudiziaria. L’art. 55 comma 1°, occupandosi così delle attività che la polizia svolge anche di propria iniziativa – vale a dire senza un previo impulso dell’autorità giudiziaria – segue una classica tripartizione. L’attività informativa si sostanzia nell’acquisire la notizia di reato, secondo le forme dell’apprensione diretta o della ricezione (art. 330) e nel riferirla, con ritmi accelerati, ancorché variamente stabiliti, al pubblico mini- stero (art. 347). L’attività investigativa consiste nel ricercare l’autore del reato mediante il compimento di atti atipici e di atti tipici (art. 348 comma 2°)’ L’attività assicurativa, infine, quale ideale perfezionamento della precedente, è riferita alle fonti di prova, in conformità al canone secondo cui la prova si forma tendenzialmente in sede dibattimentale. La norma menziona, inoltre, l’obbligo di raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale e l’obbligo di impedire che i reati siano portati a conseguenze ulteriori.

L’art. 55 comma 2° considera, per completezza, le funzioni che la polizia giudiziaria adempie su ordine o su delega dell’autorità giudiziaria. Per quanto riguarda il pubblico ministero sono da ricordare accanto al genenerale potere coercitivo, nel cui esercizio è consentito ricorrere non solo alla polizia giudiziaria ma, pure, alla forza pubblica, le direttive ai sensi dell’art. 348 comma 3° e gli atti delegabili ex art. 370.

Né vanno dimenticate le funzioni esecutive consistenti – ad esempio – nell’eseguire le notificazioni richieste dal pubblico ministero con riferimento ai soli atti di indagine o ai provvedimenti «che la stessa polizia giudiziaria è delegata a compiere o è tenuta ad eseguire» (art. 151 comma 1°), ovvero nel documentare, mediante verbale o annotazioni, gli atti del titolare delle indagini (art. 373 comma 6°). Per quanto riguarda il giudice – oltre al potere coercitivo di cui si e appena fatto cenno (art. 131) – va rammentato come l’intervento della polizia giudiziaria possa essere chiesto per eseguire provvedimenti ordinatori quali l’accompagnamento coattivo dell’imputato (art. 132) o di altre persone (art. 133), misure cautelari personali o reali, provvedimenti che dispongono mezzi di ricerca della prova come le ispezioni (art. 244), le perquisizioni (art. 247), i sequestri (art. 253). Si noti come nei procedimenti con detenuti e nei procedimenti davanti al tribunale del riesame il giudice può disporre, in caso di urgenza, che le notificazioni siano eseguite dalla polizia penitenziaria del luogo in cui i destinatari sono detenuti (art. 148 comma 2°, così novellato dall’art. 17 comma 1° lett. a d.l. 27 luglio 2005, n. 144, convertito con l. 31

luglio 2005, n. 155).

L’elenco di chi riveste la qualifica di ufficiale o di agente di polizia giudiziaria è fornito dall’art. 57. In una posizione del tutto particolare si situano coloro che fanno parte della già ricordata Direzione investigativa antimafia (Dia) istituita, nell’ambito del dipartimento della pubblica sicurezza, con d.l. 29 ottobre 1991., n. 345, convertito con modificazioni dalla 1. 30 dicembre 1991, n. 410. Il relativo personale, attinto da quello dei ruoli della polizia di Stato, dell’arma dei carabinieri e della guardia di finanza, è investito, oltre che delle funzioni di investigazione preventiva attinente alla criminalità organizzata, anche del compito di «effettuare indagini di polizia giudiziaria relative esclusivamente a delitti di associazione di tipo mafioso o comunque ricollegabili all’associazione medesima» (art. 3 comma l° d.l. 29 ottobre 1991, n. 345).

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