La regolamentazione delle misure cautelari è il risultato di un compromesso tra i due fondamentali sistemi processuali:

  • nel sistema inquisitorio, l’imputato può essere trattato come colpevole ancora prima che sia pronunciata la sentenza. In questo sistema l’unica misura cautelare è la cosiddetta custodia preventiva in carcere, che può essere disposta in qualunque circostanza (non casi tassativi) senza che siano necessari requisiti o presupposti probatori rilevanti.

Tale custodia, in sostanza, viene a svolgere un ruolo di tipo sostanziale, ossia quella medesima funzione che dovrebbe essere tipica della pena, prevenire la commissione di nuovi reati mediante l’intimidazione;

  • nel sistema accusatorio, la presunzione di innocenza impone che le misure cautelari non abbiano la funzione di anticipare la pena o di costringere l’imputato a confessarsi colpevole. Le esigenze cautelari, quindi, devono essere previste tassativamente al fine di evitare l’arbitrio del giudice. L’arrestato, peraltro, ha diritto:
    • ad essere condotto al più presto davanti al giudice;
    • a presentare ricorso ad un tribunale perché questo decida in un termine breve sulla legalità della detenzione;
    • ad essere giudicato in un tempo congruo o ad essere liberato durante il corso del procedimento.

La legge delega per l’emanazione del codice di procedura penale ha previsto, come direttiva, quella di attuare nel processo penale i caratteri del sistema accusatorio , anche se aggiunge che ciò deve essere fatto seguendo i criteri ed i principi enunciati nell’art. 2. La materia delle misure cautelari ha subito varie modifiche a partire dal 1988, le quali hanno seguito varie linee di tendenza:

  • regime differenziato per la criminalità organizzata e per i più gravi delitti (doppio binario);
  • rimedi alla mancanza del contraddittorio nei confronti della difesa.
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