L’ astensione del giudice

L’ astensione è la rinuncia all’ esercizio della funzione giurisdizionale, alla quale è obbligato il magistrato che ritenga di trovarsi, ex art. 36 c.p.p., in una posizione incompatibile rispetto all’ oggetto o alle parti del processo: si pensi, ad es., al caso in cui il giudice abbia un qualche interesse nel procedimento o sia procuratore di una delle parti private ovvero sia in rapporto di inimicizia grave con taluna di esse o qualora uno dei suoi prossimi congiunti risulti danneggiato dal reato; si pensi, ancora, al caso in cui il giudice abbia manifestato, fuori dall’ esercizio delle sue funzioni, il proprio parere sull’ oggetto del processo ovvero ravvisi altre gravi ragioni di convenienza, tali da compromettere la sua imparzialità.

L’astensione deve essere effettuata mediante una dichiarazione che deve essere avanzata al presidente dell’ organo giudicante di cui il giudice fa parte (così, ad es., se ad astenersi è un giudice del tribunale, la dichiarazione deve essere avanzata al presidente del tribunale stesso; se, invece, ad astenersi è proprio il presidente del tribunale, la dichiarazione dovrà essere avanzata al presidente della Corte d’ appello; quella del presidente della Corte d’ appello, al presidente della Corte di cassazione).

Se la dichiarazione di astensione viene accolta, il magistrato astenuto viene sostituito con un altro magistrato dello stesso ufficio o, qualora ciò non sia possibile, con un altro magistrato, egualmente competente per materia, il cui ufficio, però, abbia sede nel capoluogo di un diverso distretto di Corte di appello.

La ricusazione del giudice

La ricusazione è la dichiarazione con la quale il pubblico ministero o una delle parti private (imputato, parte civile, etc.) tende ad escludere un magistrato dall’ esercizio delle sue funzioni di giudice in un determinato processo, in quanto ritenuto in una posizione incompatibile rispetto alle parti o all’ oggetto del processo (l’ art. 37 c.p.p. richiama, in toto, il precedente art. 36 c.p.p., ad eccezione dell’ ipotesi concernente le gravi ragioni di convenienza; ne aggiunge, però, un’ altra: è prevista la possibilità per le parti di richiedere la ricusazione qualora il giudice abbia manifestato indebitamente, prima della pronuncia della sentenza, il proprio convincimento sui fatti oggetto dell’ imputazione).

La dichiarazione può essere avanzata: nell’ udienza preliminare (fino a quando non siano conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti); nel dibattimento (subito dopo aver compiuto gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti). Qualora, invece, la causa di ricusazione si sia verificata dopo la scadenza dei termini su indicati, la dichiarazione può essere avanzata entro 3 gg. dal verificarsi della stessa; qualora, infine, la causa sia sorta durante l’ udienza, la dichiarazione di ricusazione deve essere proposta prima della conclusione dell’ udienza stessa.

La competenza a decidere sulla ricusazione è devoluta alla Corte d’ appello (a meno che la ricusazione non concerna un giudice della Corte di cassazione, nel qual caso a decidere sarà una sezione della stessa Corte, diversa da quella di cui fa parte il magistrato ricusato).

Una volta presentata la dichiarazione, la Corte, qualora ritenga inammissibile la domanda (ad es., perché presentata da chi non ne aveva diritto), rigetta con ordinanza la richiesta avanzata: in tal caso, la parte privata che aveva chiesto la ricusazione del giudice potrà essere condannata al pagamento di una sanzione pecuniaria.

Viceversa, nel caso in cui la Corte ritenga fondata la domanda, può disporre, innanzitutto, che il magistrato ricusato si astenga dal compiere qualsiasi attività processuale (ad eccezione degli atti urgenti); quindi, instaura, in camera di consiglio, un adeguato contraddittorio tra la parte che ha proposto la ricusazione ed il magistrato ricusato; ed infine, decide sul merito, accogliendo o meno la richiesta: se la accoglie, il magistrato ricusato viene sostituito con un altro magistrato dello stesso ufficio o, qualora ciò non sia possibile, con un altro magistrato, egualmente competente per materia, il cui ufficio, però, abbia sede nel capoluogo di un diverso distretto di Corte di appello.

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