Il giudice di appello può conoscere e giudicare intorno allo stesso rapporto sostanziale controverso in primo grado. Le parti, peraltro, hanno discrezionalmente la possibilità di restringere o ampliare l’oggetto del giudizio di appello. L’oggetto del giudizio di appello si determina attraverso:

  • i motivi specifici di impugnazione;
  • la proposizione di domande e di eccezioni non accolte in primo grado;
  • la proposizione di nuove domande, nuove eccezioni e nuove prove;
  • le modificazioni della domanda di primo grado.

L’art. 346 stabilisce che le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado che non sono espressamente riproposte in appello si intendono rinunciate :

  • domande non accolte: non si tratta di domande respinte sulle quali si è formata soccombenza pratica, dato che se un’impugnazione investe solo alcune tra più statuizione di rigetto, la disciplina va ricavata dall’art. 329 co. 2 e non dall’art. 346 (impugnazione parziale non produce rinuncia ma acquiescenza). Le domande di cui all’art. 346, al contrario, sono le domande subordinate non accolte in quanto assorbite, ossia le domande proposte sotto la condizione sospensiva del rigetto della domanda principale. Su di esse non si verifica soccombenza, ma è necessario un impulso di parte perché possano anche’esse formare oggetto del giudizio di appello (art. 346);
  • eccezioni non accolte: tale espressione ha un duplice significato:
    • le eccezioni non accolte sarebbero le eccezioni legittimamente non esaminate perché il giudice ha rigettato la domanda per difetto di un fatto costitutivo o per l’accoglimento di un’eccezione diversa da quella non esaminata perché assorbita;
    • le eccezioni non accolte sarebbero le eccezioni respinte: il giudice di primo grado ha respinto l’eccezione tesa a far valere un fatto estintivo, modificato o impeditivo, ma ha dichiarato inesistente il diritto fatto valere in giudizio per difetto di un fatto costitutivo o per accoglimento di un’altra eccezione.

Le eccezioni non accolte (assorbite o rigettate) e le domande subordinate assorbite, quindi, non sono devolute automaticamente al giudice di appello, essendo necessario un impulso di parte. L’appellato praticamente vittorioso interessato alla riproposizione di domande subordinate o di eccezioni genericamente non accolte deve attivarsi secondo i modi e i tempi che si ricavano dalle strutture proprie del processo di primo grado, in armonia con la disciplina dell’appello.

Dall’indagine sul significato da attribuire all’art. 346, si ricava che le questioni di fatto o di diritto sollevate dalla parte praticamente vittoriosa nel corso del giudizio di primo grado non sono automaticamente devolute al giudice di appello, cosa questa che porta ad aderire all’interpretazione secondo cui i motivi specifici di appello individuano le sole questioni di fatto o di diritto riesaminabili da parte del giudice di appello ai fini della riforma o della conferma della parte della sentenza impugnata.

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