A seguito dell’opposizione (da proporsi con atto di citazione) all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto (art. 645 co. 1), il giudizio si svolge secondo le norme del processo di primo grado, ma i termini di comparizione sono ridotti a metà (co. 2). L’opposizione avvia un giudizio a cognizione piena in cui le parti risultano solo formalmente invertite: l’onere della prova, infatti, continua a gravare sul creditore-opposto che assume formalmente il ruolo di convenuto. Se al termine del giudizio di opposizione residua un’incertezza in ordine all’esistenza dei fatti costitutivi, l’opposizione deve essere accolta ed il giudizio si conclude con una sentenza che dichiara l’inesistenza del credito. La problematicità del giudizio di opposizione consiste nel fatto che esso ha una doppia funzione:

  • è un giudizio di accertamento sull’esistenza o meno del credito fatto valere in giudizio;
  • è un giudizio di impugnazione in senso tecnico del decreto.

Oggetto del processo, di conseguenza, risulta sempre il rapporto sostanziale controverso, ma se il decreto manca dei requisiti di ammissibilità deve essere dichiarato nullo. La nullità del decreto per difetto di requisiti speciali di ammissibilità non è ostacolo alla decisione sul fondamento della domanda Se la nullità deriva da difetto di requisiti generali di ammissibilità (es. competenza), al contrario, il giudizio deve concludersi con una sentenza di mero rito.

Nel corso del giudizio di opposizione può avvenire:

  • che il giudice conceda con ordinanza la provvisoria esecutorietà al decreto di ingiunzione se l’opposizione non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione (necessaria un’udienza istruttoria ulteriore) (art. 648 co. 1), oppure se il creditore offre cauzione per l’ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni (co. 2);
  • che il giudice sospenda la provvisoria esecutorietà concessa ai sensi dell’art. 642 (art. 649). Tale previsione è fondamentale per riequilibrare il procedimento e per consentire al giudice dell’opposizione di sospendere l’esecutorietà disposta in assenza di contraddittorio;
  • che il decreto acquisti immutabilità a seguito dell’estinzione del processo per inattività delle parti o rinuncia agli atti del giudizio.

Il giudizio di opposizione si conclude con:

  • il rigetto dell’opposizione: la sentenza dichiara la legittimità del decreto (immutabile ex art. 653 co. 1) e l’esistenza del diritto;
  • l’accoglimento dell’opposizione, la quale può essere:
    • totale, caso in cui la sentenza dichiara l’inesistenza del diritto;
    • parziale, caso in cui la sentenza dichiara l’illegittimità del decreto e l’esistenza del diritto oppure la legittimità del decreto e l’esistenza del diritto per un quantum diverso da quello indicato originariamente.

Se entro il termine di quaranta giorni stabilito dall’art. 641 non sia stata proposta opposizione (mancata opposizione), il giudice che ha pronunciato il decreto lo dichiara esecutivo su istanza del ricorrente e altrettanto avviene nel caso in cui l’opposizione sia stata proposta ma il debitore non si sia costituito. Nel primo caso il giudice deve ordinare che sia rinnovata la notificazione (del ricorso e del decreto) quando risulta o appare probabile che l’intimato non abbia avuto conoscenza del decreto (art. 647).

Altri mezzi di impugnazione

Il regime dell’immutabilità del decreto ex art. 647 è affine a quello della sentenza passata in giudicato, sebbene per il decreto non operi non l’art. 324 ma l’art. 656, secondo il quale il decreto di ingiunzione può impugnarsi per revocazione nei casi indicati nei nn. 1, 2, 5 e 6 dell’art. 395 e con opposizione di terzo nei casi previsti dall’art. 404 co. 2 .

Quanto al giudicato sostanziale, l’art. 2909 non fa alcun riferimento alla possibilità che anche i provvedimenti sommari possano fare stato tra le parti in ordine al diritto in essi contenuto, ma a livello interpretativo si ritiene che tale disposizione sia estensibile al decreto ingiuntivo.

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