Occorre a questo punto distinguere due modelli ideale per i mezzi di impugnazione:

  • le azioni di impugnativa, rimedi attraverso cui si denunciano i vizi della sentenza su istanza della parte soccombente. Tali azioni mirano ad accertare l’esistenza del vizio e, in caso positivo, ad eliminare la sentenza viziata, riservando ad una seconda fase la sua sostituzione;
  • i gravami, strumenti attraverso cui si realizza il doppio grado di giurisdizione. Presupposto per il loro esercizio è unicamente la soccombenza, non la denuncia di un vizio della sentenza, da cui prescindono del tutto. Dal momento che la loro funzione è quella di provocare un nuovo giudizio sul rapporto sostanziale, la pronuncia mira esclusivamente a sostituire la sentenza impugnata.

Nonostante le contaminazioni reciproche, questa distinzione si rivela utilissima per comprendere alcune caratteristiche dell’appello e del ricorso per cassazione, i principali mezzi di impugnazione del nostro sistema:

  • il ricorso per cassazione, pur essendo modellato sullo schema delle azioni di impugnativa, vi si discosta perché la sentenza che dichiara esistente il vizio presenta anche un carattere sostitutivo;
  • l’appello, pur essendo modellato sullo schema del gravame, vi si discosta sia perché richiede che nell’atto di appello siano indicati i motivi specifici di impugnazione sia perché è utilizzato anche per far valere la nullità, la quale presuppone una fase rescindente.
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