Gli scambi di beni culturali tra stati membri non possono essere soggetti a dazi doganali o a tasse di effetto equivalente ma possono subire restrizioni quantitative ai sensi dell’art. 36 TFUE che tra i motivi di deroga, come abbiamo visto, contempla la protezione del patrimonio artistico, storico e archeologico nazionale. Naturalmente la deroga può essere applicata solo ai beni che costituiscono una espressione significativa della cultura nazionale e non ai beni di scarso valore o ai beni che pur trovandosi nel territorio di uno stato non appartengono alla sua cultura ma a quella di un’altra nazione.

Sotto questo profilo l’obbligo di non praticare restrizioni quantitative agli scambi con gli stati membri potrebbe essere incompatibile con gli obblighi assunti sul piano internazionale da alcuni stati nei confronti di stati terzi circa la restituzione di beni culturali illecitamente esportati. In questo caso se gli obblighi sono stati presi prima dell’entrata in vigore del Trattato prevarrebbero sulle regole del Trattato. In caso contrario dovranno invece essere applicate le regole pertinenti all’incompatibilità tra gli obblighi in questione.

La comunità ha poi emanato due normative con riferimento alle misure che uno stato può adottare per la tutela del suo patrimonio culturale. La prima impone agli stati l’obbligo di subordinare l’esportazione verso stati terzi di beni culturali (le cui categorie sono elencate in un allegato) alla presentazione di una licenza di esportazione. La licenza viene rilasciata allo stato in cui il bene si trova illecitamente e può essere negata sulla base di una legge nazionale che tuteli il patrimonio culturale di tale stato. La seconda impone allo stato membro in cui si trova un bene culturale, uscito illecitamente da un altro stato membro dopo il 1.1.93 l’obbligo di restituirlo allo stato di appartenenza.

Naturalmente la direttiva chiarisce che per bene culturale deve intendersi un bene del patrimonio nazionale avente valore artistico, storico o archeologico e che deve essere compreso in una delle categorie elencate in un allegato alla normativa e chiarisce cosa debba intendersi per bene uscito illecitamente da uno stato membro (ossia quando il bene è esportato in violazione alla legge statale o al regolamento comunitario circa l’esportazione di beni culturali verso stati terzi).

Entrambi gli atti normativi, che hanno alla base una forma di cooperazione tra gli stati membri, dovrebbero portare all’effetto di ridurre da parte degli stati membri l’uso di misure restrittive in base all’art. 36. Pertanto tali atti possono offrire un valido contributo per rendere effettiva la libera circolazione dei beni culturali.

Il regolamento (CE) n. 116/2009 relativo all’esportazione di beni culturali compie un ulteriore passo avanti fissando controlli uniformi sull’esportazione di merci protette tuttavia questi si applicano solo alle esportazioni verso paesi terzi.

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