Regime di circolazione dei beni culturali

Tutti i beni di interesse culturale sono assoggettati ad un regime vincolistico che limita i poteri e le facoltà del proprietario sia con riferimento alla circolazione dei beni, che con riguardo alla loro utilizzazione. Il codice dei beni culturali prevede:

a) Una necessaria verifica per quei beni di interesse culturale e paesaggistico che appartengono ad un soggetto di diritto pubblico o persona giuridica. La verifica è effettuata dai competenti organi del Ministero e si conclude con la schedatura del bene che va trascritta nei registri immobiliari: in questo modo tali beni rimangono soggetti a vincolo culturale.

b) La dichiarazione di interesse culturale, la cui procedura è avviata dal Sovrintendente dandone comunicazione al possessore o al detentore, prevede per i beni soggetti a pubblicità mobiliare o immobiliare che il provvedimento venga trascritto con conseguente opponibilità ai terzi.

c) E’ consentito un ricorso amministrativo speciale contro il provvedimento che ha dichiarato l’interesse culturale di un bene.

Per quanto riguarda l’alienazione dei beni culturali, è necessaria un’autorizzazione per i beni culturali alienabili da parte di persone giuridiche pubbliche e private a favore di altri soggetti pubblici o privati. Non è necessaria tale autorizzazione quando sussiste l’alienazione di tali beni a favore dello Stato. Sussiste l’obbligo di denunciare gli atti che trasferiscono in tutto o in parte la proprietà e detenzione dei beni culturali. La denuncia è diretta al competente Sovrintendente del luogo dove si trova il bene e va presentata per i negozi costitutivi o traslativi di diritti reali immobiliari e per la cessione di nuda proprietà. Non va presentata qualora si costituisca un diritto di garanzia ipotecaria. Lo Stato inoltre può esercitare il cd. diritto di prelazione, mediante il quale il Ministro o altro ente locale hanno la facoltà di acquistare beni culturali alienati a titolo oneroso al medesimo prezzo stabilito nell’atto di alienazione, anche quando il bene sia a qualunque titolo dato in pagamento. In quest’ultimo caso vi sono tre ipotesi:

a) Contratti di alienazione del diritto di nuda proprietà con riserva di usufrutto

b) Contratto di mandato oneroso in cui sia pattuito a titolo di retribuzione per il mandatario il trasferimento in suo favore di un bene culturale

c) Alienazione di un bene indiviso o di una parte indivisa di un bene unitario (parte della giurisprudenza è per contraria perché il bene sarebbe sottoposto in parte a disciplina pubblicistica ed in parte a disciplina privatistica).

Il diritto di prelazione può essere esercitato nel termine di due mesi dalla data di ricezione della denuncia al Ministro ed il provvedimento di prelazione dovrà poi essere notificato all’alienante ed all’acquirente. La proprietà infatti passa allo Stato dalla data dell’ultima delle notificazioni.

L’esercizio del diritto di prelazione comporta non solo un effetto costitutivo e caducatorio ma anche la costituzione di un rapporto obbligatorio tra Stato e venditore.

Con riguardo agli effetti ed alla nullità del negozio giuridico bisogna citare l’art.60 comma 4 del codice dei beni culturali (“in pendenza del termine di due mesi l’atto di alienazione rimane condizionato sospensivamente all’esercizio della prelazione e all’alienante è vietato effettuare la consegna del bene”) e l’art.164 (“sono nulle le alienazioni, le convenzioni e gli atti giuridici compiuti contro i divieti o senza l’osservanza delle condizioni e modalità prescritte dal codice dei beni culturali”. Secondo la Cassazione sarebbe una nullità relativa azionabile solo dallo Stato).

La partecipazione dello Stato ad associazioni e fondazioni, gli interventi degli enti non profit nella conservazione e valorizzazione dei beni culturali

Il Ministro per i Beni e le attività culturali ai fini di un più efficace esercizio delle sue funzioni e per la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali può costituire o partecipare ad associazioni, fondazioni o società. Generalmente viene preferita la forma della fondazione.

La disciplina e la tutela dei beni paesaggistici

Nel 1939 la gestione e la tutela dei beni paesaggistici era esercitata dallo Stato centrale; con l’istituzione delle Regioni a statuto ordinario lo Stato trasferì alle Regioni il potere di approvazione dei piani paesistici allora ancora non obbligatori. Il d.lgs.616/67 ha attribuito alle Regioni le funzioni amministrative per la protezione delle bellezze naturali e per le relative sanzioni, conferendo allo Stato funzioni di indirizzo e di controllo. Un altro decreto, del 1985, ha conferito alle Regioni il potere di esaminare la domanda di autorizzazione paesistica comunicando l’eventuale rilascio dell’autorizzazione allo Stato che ha l’obbligo di intervenire in caso di inerzia.

Attualmente le funzioni di tutela di beni paesaggistici sono state conferite alle Regioni ed il Ministro competente ha conservato la potestà di indirizzo e vigilanza in caso di inerzia. E’inoltre previsto che i proprietari ed i possessori di immobili o aree sottoposte alle disposizioni riguardanti la tutela paesaggistica non possono né distruggere tali beni né introdurre modifiche che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici. Per l’esecuzione di opere è necessario proporre il progetto alla Regione ed all’ente locale al fine di ottenere la preventiva autorizzazione.

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