Gli artt. 54, 55 e 56 del nuovo codice disciplinano la circolazione dei beni culturali, individuando:

a) una categoria di beni assolutamente inalienabili (aree di interesse archeologico e immobili riconosciuti dalla legge come monumento nazionale – musei, pinacoteche, biblioteche…-)

b) una categoria di beni alienabili previa autorizzazione ministeriale

c) una fascia di beni provvisoriamente inalienabili, in attesa che si è situato il procedimento di verifica

Per l’alienazione dei beni culturali alienabili (nonché per la permuta, la costituzione di ipoteca o pegno e  altri negozi che possano comportare alienazione) da parte di persone giuridiche private è necessaria l’autorizzazione. L’unica ipotesi in cui l’autorizzazione non è richiesta, costituisce un’eccezione ed è prevista dall’ art. 56: l’alienazione dei beni culturali a favore dello Stato. La Lazio consiste nel fatto che il bene diventa di proprietà dello Stato, garantendo che esso assolva in pieno al suo compito di soddisfare gli interessi della collettività.

Nonostante la norma non dallo prevede espressamente, si ritiene che l’autorizzazione vada richiesta preventivamente alla stipula del negozio, poiché costituisce un presupposto di validità dello stesso; essa infatti consente l’esercizio di un’attività che prima era giuridicamente impossibile o illecita. L’autorizzazione, allargando la sfera giuridica del soggetto autorizzato, non crea un diritto nuovo per il soggetto, ma rimuove quei limiti posti all’esercizio del diritto di cui soggetto ha già titolare. Pertanto l’autorizzazione è un elemento esterno del negozio giuridico che condiziona la validità della manifestazione della volontà negoziale. Il negozio concluso in assenza di autorizzazione preventiva è invalido a pena di nullità del negozio stesso ( art. 164). Costituirebbe dunque una condizione illecita quella in cui le parti abbiano espressamente pattuito di assoggettare l’efficacia del negozio alla successiva autorizzazione.

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