Solo con Hobbes si affronta seriamente il problema nodale del fondamento della sovranità.

Hobbes scrive all’indomani della condanna a morte del re e dell’abolizione della camera dei Lords e ritiene che a ciò si sia giunti perché per troppo tempo era stata propugnata la costituzione mista intesa come ordine giuridico radicato nella storia. Ciò aveva solo determinato la scissione di tre fazioni che parimenti aspiravano al potere sovrano. Per evitare tutto ciò uno solo deve essere il punto di riferimento del potere sovrano che ne sia irrevocabilmente titolare. L’individuazione del sovrano, dunque, rappresenta una necessità imprescindibile ed è la legge fondamentale cioè quella legge che se abolita fa crollare letteralmente lo Stato. Al posto di una pluralità di consuetudini elevate a leggi e chiamate a definire il ruolo delle componenti della comunità politica interviene, dunque, una sola legge fondamentale che impone di rispettare colui che è titolare del potere sovrano. Hobbes quindi congeda la costituzione mista e pensa ad una altra costituzione che non è più quella degli antichi o dei padri ma quella dei moderni e nasce dalla decisione originaria degli individui di uscire dallo stato di natura e di costituirsi in associazione politica, attribuendo al monarca il potere sovrano cioè perpetuo e assoluto. Sono, quindi, gli stessi individui a scegliere di uscire dallo stato di natura e creare un potere sovrano che, tuttavia, a questo punto, non è originario e, quindi, non è sovrano. Hobbes, dunque, deve superare questo paradosso per evitare che la stessa volontà individuale che secondo lui è alla base del potere sovrano non serva anche a sovvertire tale potere magari attraverso l’opposizione al sovrano stesso. A questo fine Hobbes introduce gli strumenti dell’autorizzazione e della rappresentanza. L’autorizzazione è lo strumento con il quale ciascun individuo, singolarmente preso, decide di istituire il potere sovrano cedendo al suo titolare il proprio diritto di governare e autorizzandolo a farlo. Il sovrano, ricevuta l’autorizzazione dagli individui, è tranquillo perché ciascun individuo si è impegnato a rispettare il suo potere anche nei confronti degli altri individui con i quali ha deciso di abbandonare lo stato di natura. Con l’autorizzazione gli individui mettono in moto il meccanismo della rappresentanza che li conduce a divenire popolo perché tutti e ciascuno sono rappresentati dallo stesso potere sovrano e vedono in esso unificate le propria volontà. Anche la rappresentanza serve a prevenire il rischio di opposizioni perché opporsi al potere sovrano significa indebolire la sua capacità di rappresentare il popolo.

Il potere sovrano di Hobbes, dunque, è particolare perché non è originario ma proviene dagli individui ma non per questo è meno sovrano cioè perpetuo ovvero irrevocabile ed assoluto cioè indivisibile.

La necessità di un potere sovrano, dunque, era definitivamente affermata; tuttavia molti temevano la assolutezza di tale potere. Questo timore spinse Rousseau a scrivere il Contratto sociale dove attribuì la titolarità della sovranità al popolo. Ciò determinò la reazione del procuratore generale di Ginevra il quale pose al bando l’opera Roussoiana.

Infatti, il Procuratore sentì di dover difendere la costituzione che egli ancora considerava in termini medievali di costituzione mista, di accordo che in modo stabile impegna i governanti e i governati fissando i doveri degli uni e degli altri. Invece, Rousseau mette in luce un carattere fondamentale della sovranità: il suo tradursi in una volontà libera che può ridefinire le forme di governo e anche i rapporti politici e sociali. Rousseau muoveva dall’idea che l’unico patto ammissibile fosse quello che si determinava tra gli individui che con esso danno vita ad un corpo politico cioè al popolo. Con il patto i cittadini rinunciano alla libertà naturale e acquistano la libertà civile cioè la garanzia di essere governati da una legge generale che viene dal popolo stesso. A questo punto era necessaria, tuttavia, la presenza di un sovrano che impedisse che tale legge sfuggisse alle mani del popolo sovrano.

Da qui la necessità di limitare il potere dei governanti che potrebbero approfittare e staccarsi dal popolo sovrano per mettere la legge al servizio di volontà ed interessi particolari. Il popolo, dunque, deve essere in condizione di riprendersi ciò che ha delegato ai governanti cioè la sovranità; perciò per Rousseau i governanti non sono rappresentanti ma solo commissari cioè non possono impegnare in modo definitivo la volontà popolare. Per Rousseau la costituzione, dunque, è dalla parte della sovranità cioè è l’unica legge fondamentale che impone di preservare l’integrità del potere sovrano.

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