La teoria opposta a quella giusnaturalistica, è quella che riduca la giustizia a validità. Mentre per un giusnaturalista dovrebbe avere valore di comando solo ciò che è giusto, per la teoria opposta è giusto solo ciò che è comandato. Per un giusnaturalista una norma non è valida se non è giusta, per la teoria opposta una norma è giusta solo in quanto è valida. Questa teoria è quella del positivismo giuridico anche se la maggior parte dei positivisti non adottano tesi così estreme. Tra i filosofi del positivismo troviamo Levi: egli anche se non riconosce valori assoluti di giustizia, riconosce che bisogna distinguere ciò che vale come diritto dagli altri ideali sociali e pertanto il diritto può essere valido senza essere giusto. Tra i giuristi si può considerare Kelsen: egli quando sostiene che ciò che costituisce il diritto è la validità, non vuol affermare che il diritto valido è anche giusto, per lui il problema della giustizia è etico e distinto dal problema giuridico della validità.

Se si vuole trovare una teoria completa del positivismo si deve risalire a Hobbes: secondo lui non esiste altro criterio del giusto e dell’infgiusto all’infuori della legge positiva cioè al di fuori della volontà del sovrano. Per Hobbes è vero che è gisto ciò che è comandato per il solo fatto di essere comandato. Egli arriva a questa conclusione così radicale partendo dal fatto che nello stato naturale ciascuno si abbandona ai sui istinti e , non essendoci leggi che assegnino a ciascuno il suo diritto, nasce la guerra del tutti contro tutti.

Lo stato di natura è intollerabile e bisogna uscirne e per farlo gli uomini si accordano tra loro per rinunciare reciprocamente ai diritti che avevano in natura per trasmetterli al sovrano. Il diritto fondamentale nello stato di natura è decidere, ciascuno secondo i propri desideri, ciò che è giusto e ciò che è ingiusto. Nel passaggio allo stato civile, gli individui trasmettono al sovrano pure il diritto di decidere ciò che è giusto e ciò che non lo è; dal momento quindi che lo stato civile è costituito, l’unico criterio di decisione di giustizia è quello della volontà del sovrano.

Per Hobbes dunque la validità di una norma giuridica e la giustizia di essa non si distinguono; quando nasce lo stato nasce la giustizia insieme col diritto positivo e dove c’è giustizia significa che c’è un sistema costituito di sistema positivo. La dottrina di Hobbes è la giustificazione teorica del potere assoluto. Se si accettasse la tesi di Hobbes saremmo costretti a ridurre la giustizia alla forza. Se non esiste altro criterio del giusto e dell’ingiusto che il comando del sovrano, bisogna rassegnarsi ad accettare come giusto ciò che piace al più forte. La distinzione tra validità e giustizia serve appunto a distinguere la giustizia dalla forza.

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