I due sistemi si volgono essenzialmente a 3 tipi di fattispecie di cui considerano gli effetti negativi per l’assetto concorrenziale del mercato: intese restrittive, abuso posizione dominante e concentrazioni.

Riguardo alle intese il legislatore sia nazionale che UE non sanziona le sole intese che giuridicamente si trasformano in formali contratti ma si riferisce anche a pratiche concordate ossia quei comportamenti comprensivamente comuni a più imprese nonché a decisioni o deliberazioni di associazioni di imprese o simili. Riguardo alle discipline antitrust entrambe le discipline adottano una prospettiva di divieto quindi in via di principio intese restrittive della concorrenza sono vietate. C’è però la possibilità di deroghe o esenzioni in caso di prospettiva di progresso economico a vantaggio dei consumatori e con il d.lgs. anche per assicurare alle imprese la necessaria concorrenzialità sul piano internazionale. Sul piano italiano le intese restrittive devono esser autorizzate dall’Autorità, sul piano UE quelle che soddisfano le condizioni ex par.3 art 81 TCE sono leciti in quanto tali. Sia il Consiglio che la Commissione hanno elaborato categorie di intese che sono ammesse: esse sono dopo il Reg 1/2003 tutte quelle che rientrano nella par.3 art 81 TCE. In Italia si deve comunicare l’intesa all’Autorità che poi verifica. Violare il divieto porta alla nullità delle intese per entrambi i sistemi legislativi. I comportamenti delle imprese possono anche esser però di mero fatto (esempio: pratiche concordate) per cui la sanzione sarà poco significativa, per cui il reg 1/2003 ha previsto la possibilità per Commissione di infliggere alle imprese ammende e penalità di mora particolarmente sensibili, e il d. lgs la possibilità di una sanzione amministrativa calcolata sulla base di una percentuale del fatturato delle imprese interessate.

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