Il nuovo art. 2381 dispone esplicitamente che, salvo diversa previsione statutaria, è compito del presidente convocare il consiglio e fissarne l’ordine del giorno, venendo così ad essere sancita l’irregolarità di una convocazione priva del corrispondente ordine del giorno. Dato che il consiglio mantiene una competenza generale, restano comunque proponibili anche discussioni non figuranti nell’ordine del giorno, le quali, tuttavia, sono sottoposte al giudizio positivo del presidente del consiglio stesso.

Al presidente sono esplicitamente attribuiti anche il compito di coordinare i lavori del consiglio e di provvedere affinché adeguate informazioni sulle materie iscritte all’ordine del giorno vengano fornite a tutti i consiglieri.

Quanto alla validità delle deliberazioni, l’art. 2388 indica il quorum costitutivo nella presenza della maggioranza degli amministratori in carica, ma lo statuto può richiedere un numero maggiore. Lo statuto può prevedere che la presenza alle riunioni del consiglio avvenga anche mediante mezzi di telecomunicazione (es. teleconferenza). Quanto al quorum deliberativo la norma indica quello della maggioranza assoluta dei presenti, ma lo statuto può indicare un quorum diverso, maggiore o minore, espressamente escludendo dal computo gli astenuti o attribuendo, in caso di parità di voti, valore determinate a quello del presidente.

Dal fatto che la legge tace circa la necessità di redigere un verbale si deduce che la sua mancanza non possa inficiare la validità delle deliberazioni. Poiché esiste comunque, tra i libri sociali, quello delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione, la mancata annotazione quanto meno della deliberazione stessa va evidentemente apprezzata come un’irregolarità degli amministratori.

Invalidità delle deliberazioni del consiglio

L’art. 2388 co. 4 stabilisce una generale impugnabilità di tutte le deliberazioni prese non in conformità della legge e dello statuto, ma limita la legittimazione al collegio sindacale e agli amministratori assenti o dissenzienti, fissando anche un termine (novanta giorni) decorrenti dalla data della deliberazione per esercitare l’impugnativa. Il procedimento, nei limiti dell’applicabilità, segue le regole dettate dall’art. 2378 per l’impugnativa delle deliberazioni assembleari.

Nel caso in cui la deliberazione sia lesiva dei diritti dei soci, la legittimazione si estende anche a questi e in tal caso si applicano, in quanto compatibili, gli artt. 2377 e 2378. Relativamente a tale disciplina, tuttavia, restano vari dubbi che un intervento più incisivo avrebbe sicuramente evitato (es. si discute se la lesione cui allude la norma sia quella eventualmente arrecata a tutti i soci, oppure possa essere anche quella arrecata a particolari categorie, o addirittura a singoli soci).

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