Nell’ordinamento italiano un atteggiamento simile a quello che in Germania ha dato vita alle Verkehrspflichten ha caratterizzato la giurisprudenza.

Pure in tale giurisprudenza che ancora si muoveva nell’arco di linguaggio della responsabilità per colpa, peraltro, gli esiti di responsabilità oggettiva sono percepibili ogni volta che i giudici hanno dichiarato l’esistenza della colpa nell’assenza totale dei presupposti di questa: basti menzionare la giurisprudenza sul 2054 (Circolazione di veicoli) in materia di danni cagionati dalla circolazione di veicoli.

Questa vicenda ha messo in luce un netto disaccordo tra giurisprudenza e dottrina.

Ma la giurisprudenza ha finalmente raggiunto sulla via della responsabilità oggettiva la dottrina.

L’elemento catalizzatore di tale conversione sembra essere stato il d.P.R. 224/1988, che introduce nell’ordinamento una regola di responsabilità oggettiva del produttore.

Inizialmente vi fu solo qualche timido accenno.

{Cass. 8069/1993 significativamente in materia di danno da prodotti parla di responsabilità oggettiva contemplata dal 2049 (Responsabilità dei padroni e dei committenti) per i danni derivati da vizi della cosa insorti nella fase di progettazione e costruzione di un prodotto medicinale e pure di responsabilità oggettiva a proposito del 2050 (Responsabilità per l’esercizio di attività pericolose).

In pari tempo, però, si perpetua una rincorsa ossessiva della colpa.

Ad es., in materia di danni cagionati da veicolo rimasto ignoto, per i quali la l. 990/1969 prevede che il risarcimento, limitato ai soli danni alla persona, sia dovuto da un fondo di garanzia per le vittime della strada, Cass. 8086/1995 ha affermato che il danneggiato deve provare che il sinistro si è verificato per condotta dolosa o colposa di altro veicolo o natante.

Invece l’ipotesi considerata dal 19 l. 990/1969 esclude ogni possibile riferimento alla colpa del conducente: il danno cagionato da veicolo non identificato sarà ristorato per il semplice verificarsi dell’evento.

Mi sembra infatti che non sia concepibile una prova della colpa di un conducente rimasto ignoto.

Peraltro, ove pure essa potesse ritenersi concepibile (ad es., risulti in giudizio che di notte un veicolo procedeva a fari spenti, ma anche in questa ipotesi la colpa non può essere identificata con il fatto e andrebbe provata), la Cassazione finisce col far gravare sul danneggiato l’onere della prova della colpa del conducente, in contrasto col 2054.1, secondo il quale è il conducente a dover provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno.

Poiché una simile prova da parte di un automobilista pirata è impossibile, la conclusione non può che essere questa: l’attore dovrà provare che l’evento dannoso deriva causalmente dalla condotta di un soggetto rimasto ignoto.

In maniera analoga, di fronte alla l. 89/2001, che prevede un’equa riparazione per il danno subìto in conseguenza della violazione del termine ragionevole di durata del processo, nonostante non vi sia un riferimento alla colpa nella fattispecie costruita dal legislatore, la giurisprudenza l’ha ritenuta implicita}.

Infine la giurisprudenza ha guadagnato la sponda della responsabilità oggettiva in particolare in materia di danno da cose, da animali in custodia, da rovina di edificio, mentre tale è certamente da ritenere pure la responsabilità per fatto degli ausiliari (2049: Responsabilità dei padroni e dei committenti).

Il diritto vivente in Italia è stato indotto dall’inerzia del legislatore a sganciare la responsabilità civile dalla responsabilità penale e dal principio “senza colpa nessuna responsabilità”.

A questa inerzia si è associato un secondo fattore, costituito dal tenore testuale di alcune norme del Codice civile che hanno potuto essere ragionevolmente interpretate come norme di responsabilità oggettiva.

Il confronto col BGB mette in evidenza come da un atteggiamento di partenza di pari attenzione alla colpa come criterio di imputabilità tendenzialmente esclusivo, i codici tedesco ed italiano si siano venuti gradualmente differenziando sul terreno dell’interpretazione-applicazione.

Ove ci si fermi al puro dato testuale, il § 823 BGB ed il 2043 c.c. (Risarcimento per fatto illecito) non presentano differenze di rilievo dal punto di vista dei criteri di imputazione: la responsabilità nasce da una condotta dolosa o colposa.

Poiché le due norme si limitano ad affermare la responsabilità quando ricorra la colpa, esse non valgono ad escluderla quando la colpa non sussista.

Lo stesso BGB contiene una norma come il § 833, prima parte, sulla responsabilità per danni da animali di uso voluttuario, che rappresenta un’ipotesi di responsabilità oggettiva.

Il legislatore italiano non fu inconsapevole di ciò se la Commissione italo-francese con riferimento al BGB rilevava che in quel codice “i casi più importanti si riconducono alla responsabilità per colpa”.

Si potrebbe rimproverare al legislatore italiano di avere adottato, a distanza di 50 anni dall’elaborazione del BGB, un analogo sistema colpacentrico, dato che nel mentre la storia avrebbe dovuto renderlo avvertito della necessità di accostare a quest’ultimo un’area di responsabilità oggettiva di pari eccellenza normativa.

Una ragione del difetto di consapevolezza su questo terreno fu la mancata elaborazione teorica nella letteratura italiana dei decenni immediatamente precedenti.

{Giorgio Cian già nel 1966 lamentava che la responsabilità civile fosse rimasta uno degli argomenti più negletti dalla dottrina.

Ciò in contrasto con la ricca fioritura di fine secolo scorso, della quale vanno ricordate le opere di Giacomo Venezian, di Vittorio Emanuele Orlando, di Ludovico Barassi e di Nicola Coviello}.

Il legislatore italiano fu colpevole della stessa disattenzione del codice tedesco nei confronti della responsabilità oggettiva, con l’aggravante di voler ridurre entro il codice e sotto l’ègida della colpa l’intera disciplina della responsabilità civile, mentre nel frattempo l’ordinamento tedesco aveva dato riconoscimento legislativo alla Gefährdungshaftung, sia pure allogandola in una galassia di leggi speciali.

L’apparente identità di modello positivo, che sul terreno dei criteri di imputazione è possibile ricavare dal § 823 BGB e dal 2043 c.c., nasconde dunque due sistemi di responsabilità diversi sia sul piano complessivo dell’ordinamento scritto sia su quello del diritto come esperienza.

Per il primo profilo, quello del piano complessivo dell’ordinamento scritto, la quasi totale assenza della responsabilità oggettiva nel BGB non significa ignoranza di essa da parte dell’ordinamento tedesco nel suo complesso: la responsabilità oggettiva si trova ampiamente disciplinata nella legislazione speciale.

Per il secondo, quello del diritto applicato, alla quasi assenza di legislazione complementare al Codice civile nella quale la responsabilità oggettiva avrebbe potuto trovare luogo, è corrisposta nell’ordinamento italiano una riconversione di alcune norme del Libro IV (Delle obbligazioni), Titolo IX (Dei fatti illeciti) del Codice civile, operata dagli interpreti all’insegna della responsabilità oggettiva.

Un esito del genere è stato peraltro favorito dal dato testuale fornito da altre norme del Libro IV (Delle obbligazioni), Titolo IX (Dei fatti illeciti).

In primo luogo non poteva non risultare essenziale la differenza tra il 2049, che disciplina la “Responsabilità dei padroni e dei committenti”, ed il § 831 BGB.

Mentre la prova liberatoria consentita dal § 831 al committente che provi di aver osservato la diligenza ha inchiodato gli interpreti germanici al di qua del muro della colpa, l’assenza di ogni riferimento ad essa nel testo del 2049 (Responsabilità dei padroni e dei committenti) ha reso questa norma il fulcro attorno al quale elaborare una responsabilità oggettiva per le attività di impresa di cui il rapporto tra padrone e lavoratore subordinato costituisce il nucleo originario o comunque essenziale.

Di seguito agli artt. 2051 (Danno cagionato da cose in custodia) e 2052 (Danno cagionato da animali), sul danno da cose e da animali, nei quali il limite del caso fortuito ha potuto essere inteso come indicazione testuale di un non riferimento alla colpa e comunque della insufficienza dell’assenza di colpa ai fini dell’esonero da responsabilità.

Infine il 2053 (Rovina di edificio), che in maniera significativamente diversa dal corrispondente § 836 BGB, dal quale nascono le Verkehrspflichten, prevede l’esonero da responsabilità per la rovina di edificio soltanto in due ipotesi precise (mancanza di difetto di manutenzione e di vizio di costruzione); ed il 2054.4 (Circolazione di veicoli), che adotta un modello analogo per la responsabilità del proprietario di un veicolo che abbia cagionato danno anche senza colpa del conducente.

L’intitolazione del Libro IV (Delle obbligazioni), Titolo IX (Dei fatti illeciti) del Codice civile ai soli fatti illeciti risulta perciò oramai obsoleta.

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