Assunzione del debito e garanzia del credito po­trebbero essere distinti anche relativamente all’ oggetto che soltanto nella fideiussione consiste nell’ «indicazione della pre­stazione dovuta dal debitore principale», mentre nell’assun­zione cumulativa «tra l’obbligo dell’ espromittente e quello del debitore originario vi è perfetta identità». Tuttavia, la distinzione avrebbe quale parametro valutativo una nozione dal significato tuttora incerto: non è ancora acquisito, infatti, se la prestazione sia l’oggetto dell’ obbligazione o soltanto uno dei possibili mezzi idonei a realizzare l’interesse del creditore. L’osservazione, inoltre, non pare decisiva perché non è pos­sibile rinvenire nella struttura i tratti essenziali di una prestazione non vi può essere modificazione nel lato passivo del rapporto senza la contemporanea novazione oggettiva del­l’obbligazione.

Da un punto di vista generale si può, infatti, osservare che, sebbene il mutamento del soggetto non dia, di regola, luogo a novazione, «Si dovrà individuare caso per caso, secondo il tipo di prestazione, secondo il carattere per­sonale, oppure no, dell’ obbligazione, quando il soggetto, quel soggetto è essenziale per quella situazione giuridica soggetti­va, quanto il mutamento del soggetto incida sul contenuto stesso della situazione giuridica». In tal caso la modificazione soggettiva non darà luogo ad una vicenda modificativa, bensì innovativa, impedendo, di conseguenza, al terzo di intervenire con l’espromissione, sia pure nella forma cumulativa.

Non sembra, invece, possibile distinguere la fideiussione dall’espromissione osservando che, mentre la prima può avere ad oggetto un’obbligazione futura (art. 1938 cod. civ.), la se­conda presuppone sempre l’attualità dell’obbligazione assun­ta: la giustificazione della soluzione risiederebbe nella scarsa verosimiglianza di una successione in un debito inesistente.

Nel vigente ordinamento la regola è la possibilità di stipulare negozi su beni futuri e le eccezioni (v. gli artt. 458, 771, comma 1, 2331, comma 3, e 2823 cod. civ.) hanno un par­ticolare e quasi sempre autonomo fondamento che ne rende difficile – se non impossibile – un’ applicazione analogica. Poiché a proposito dell’ espromissione (ma il discorso va este­so anche alla delegazione ed all’ accollo) manca un espresso divieto, una soluzione negativa deve essere fondata su principi idonei a giustificare la meritevolezza dell’ eccezione e non su esigenze esclusivamente strutturali.

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