Una parte della dottrina spesso designa il contratto nullo come inesistente, altra dottrina invece ritiene che il contratto inesistente appartenga ad una categoria giuridica autonoma costituita dai contratti che non presentano nemmeno i requisiti minimi che consentono di identificare il contratto.

In realtà, le due nozioni cioè quella di nullità e quella di inesistenza del contratto sono differenti.

Infatti la disciplina normativa della nullità presuppone pur sempre che sussista una operazione qualificabile come contratto e alla quale sia riferibile la qualifica della nullità, presuppone cioè l’esistenza dei contratto.

In questo senso la nullità non può essere identificata con il concetto di in esistenza quale mancanza di un fatto o atto socialmente rispondente alla nozione di contratto.

La figura dell’inesistenza fu elaborata per la prima volta dalla dottrina francese in tema di matrimonio: con questa figura si poteva superare il limite tassativo delle nullità matrimoniali per giustificare l’invalidità di ipotesi che non potevano considerarsi idonee a costituire un valido vincolo coniugale.

La nozione di inesistenza, estesa al contratto in generale, ha conservato il significato di un’ulteriore forma di invalidità che si affianca a quella della nullità, ma sostanzialmente è equivalente a quest’ultima. Superata, poi, la ragione originaria della distinzione, è parso consequenziale agli autori francesi il rigetto della inesistenza quale autonoma categoria del contratto. Per concludere, la disciplina del contratto nullo trova il suo limite quando il contratto non esiste, cioè quando manca una situazione socialmente qualificabile come contratto.

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