Il regolamento definitivamente impegnativo, invece, si distacca dalla sfera degli autori ed alla sua determinazione concorre una molteplicità di fonti. Poiché gli effetti giuridici sono nella disponibilità della legge, i programmi contrattuali si possono realizzare soltanto se conformi al sistema dei valori protetti dall’ordinamento. Di conseguenza, la circostanza che gli effetti giuridici possano non coincidere con quelli previsti dalle parti dimostra che l’autoregolamento può essere arricchito per l’intervento di fonti diverse dall’ autonomia privata e che è possibile distin­guere l’oggetto dal contenuto del contratto.

Nella prospettiva indicata, oggetto non è l’interesse da regolare, ma «l’interesse regolato» o, se si preferisce, ciò che le parti hanno previsto. Il contenuto, invecé98, coincide con il regolamento quale espressione e sintesi della regola privata con quella c.d. integrativa del contratto, rinvenibile soltanto a séguito del procedimento interpretativo considerato nella sua unitarietà. Opportunamente è stato rilevato il possibile superamento della rigida contrapposizione tra interpretazione ed integrazione, perché la prima si configura quale attività volta a conoscere non tanto la volontà delle parti, quanto gli effetti giuridici che discendono dal contratto inteso come vincolo giuridico.

Tale considerazione aveva in­dotto a spostare la rilevanza della buona fede dalla determi­nazione dell’ oggetto del contratto all’individuazione dell’ og­getto del rapporto; l’opzione risultava giustificata dalla con­vinzione che esistono alcuni rapporti ove, per la presenza di poteri discrezionali, le parti possono tenere. un’ attività non meramente attuativa di un regolamento precedentemente con­cordato. Su tale presupposto le sentenze della Cassazione, di poco precedenti la 1. 17 febbraio 1992, n. 154, hanno sotto­lineato che il dovere di buona fede incide sulla formazione­interpretazione del contratto e sulla sua esecuzione, traducen­dosi, rispettivamente, nel dovere di lealtà e nel c.d. obbligo di salvaguardiamo. La Cassazione non ha, però, posto il limite di diritto sostanziale all’ operatività della fideiussione omnibus, sic­ché, se è facile convenire sulla circostanza che il fideiussore non può essere tenuto a far fronte alle erogazioni che la banca non avrebbe dovuto operare, molto piu difficile è stabilire quando sorge il dovere di non concedere ulteriori finanziamenti.

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