Per tutti, comunque, il promittente sarebbe tenuto ad una «prestazione di sicurezza», consistente nell’assunzione del rischio che il terzo non ponga in essere il comportamento satisfattorio dell’interesse primario del prornissario: in mancanza del fatto altrui, la «prestazione di sicurezza» si convertirebbe in prestazione d’indennità. Secondo un differente orientamento, tale ricostruzione trascurerebbe che oggetto dell’impegno è anche – se non principalmente – il fatto altrUi e non soltanto il pagamento dell’indennità: a carico del prornittente si dovrebbe pertanto ravvisare (anche) l’obbligo di adoperarsi per indurre il terzo al compimento del fatto.

In tale ipotesi la fattispecie di cui all’art. 1381 cod. civ. non è in grado di attuare la tipica funzione di garanzia se il rischio coperto non deve, originariamente, essere posto a carico del debitore principale che, per primo, ne deve soffrire le conse­guenze. Indubbiamente si pone il problema di distinguere la promessa del fatto del terzo dalla c.d. fideiussio indemnitatis perché, a tal fine, risulta insufficiente il riferimento alla fun­gibilità dell’ obbligazione presente essenzialmente nei negozi di garanzia, ma compatibile anche con la figura della pro­messa del fatto del terzo. La soluzione va ritrovata nell’ambito dei criteri ermeneutici forniti dal legislatore ed a tal fine un’uti­le indicazione può essere ravvisata nell’art. 1937 cod. civ. che impone l’onere di un dare loqui a chi interviene quale garante.

Nonostante i dubbi che accompagnano le nuove forme di garanzie personali, difficilmente riconducibili nel­l’ambito della fideiussione codicistica, si è assistito ad una sostanziale perdita di terreno del carattere dell’ accessorietà e all’adozione di una disciplina in contrasto con l’art. 1941, comma 1, cod. civ. perché, a causa delle deroghe sistematiche agli artt. 1939 e 1945 cod. civ., il garante si obbliga a condi­zioni piu onerose di quelle dell’obbligato principale. È stato cosi affermato, a proposito dell’art. 71. camb., che «autonomia delle garanzie cambiarie non significa assoluta insensibilità delle stesse rispetto all’ obbligazione principale o, quanto meno, ri­spetto alle vicende che incidono nella sfera giuridica del soggetto cambiario ten­denzialmente destinato ad assumere tale posizione».

La sua sostanzialé elimina­zione origina una figura solo astrattamente ipotizzabile che, quand’ anche fosse ammessa, non sarebbe qualificabile nego­zio di garanzia, neppure di tipo indennitario (o risarcito­rio). Pare, pertanto, da condividere l’opinione di Chi av­verte la necessità di intendere l’accessorietà, intrinseca ad ogni rapporto di garanzia, non pili soltanto quale schematica di­pendenza tra responsabilità del debitore e del garante, ma anche come adeguamento delle regole che disciplinano il rap­porto di garanzia allo specifico contenuto del rapporto di debito e, quindi, agli interessi che in esso trovano tutela.

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