Per contratto sotto falso nome si intende il contratto che la parte stipula assumendo una falsa identità giuridica. La circostanza che una parte stipula sotto falso nome è priva di importanza nei contratti a soggetto indifferente, dove l’identità giuridica di una delle parti è irrilevante per l’altra, di regola ciò avviene nei contratti di massa aventi ad oggetto servizi e beni di consumo.

Nei contratti a rilevanza personale (cioè quei contratti in cui le qualità personali o patrimoniali della parte rilevano ai fini dell’esatto adempimento) l’assunzione di un falso nome non impedisce il sorgere del vincolo contrattuale in capo al contraente falsamente denominatosi. La falsa denominazione giuridica non esclude, infatti, che la parte sia esattamente identificata, ad esempio, nella sua identità fisica o professionale.

Pertanto, il contratto del quale una delle parti usi un nome diverso da quello risultante dei registri anagrafici non è nullo né annullabile, ma semplicemente viziato da errore materiale suscettibile di rettifica. Infatti, non solo l’accordo è stato raggiunto tra parti fisicamente presenti ed individuate, ma l’uso di un nome fittizio non ha determinato un errore sull’identità dell’altro contraente.

Diversa si presenta la questione se il contraente stipula il contratto sotto nome altrui, cioè usurpando il nome altrui. In tal caso, la controparte può far valere l’error in personae, sempre che l’errore sia essenziale, cioè determinante ai fini del consenso.

Fermo restando che tale contratto non produce alcun effetto per i soggetto il cui nome è stato usurpato, si discute se esso produce effetti per l’usurpatore.

  1. Una corrente di pensiero riferisce il contratto alla persona di cui il contraente assume il nome ma (ovviamente) lo reputa nullo per mancanza del consenso, in quanto la parte cui il contratto si riferisce non ha manifestato alcuna volontà negoziale.
  2. Altra dottrina ritiene, invece, che possa applicarsi lo schema della rappresentanza senza potere ogni qualvolta che, dalla interpretazione del contratto, risulti che la controparte ha contrattato con l’usurpatore solo a causa del nome speso e che, a sua volta, l’usurpatore ha utilizzato il nome altrui con tale consapevolezza. L’usurpatore sarebbe, infatti, da considerare come un rappresentante del vero portatore del nome. In realtà, punto debole di quest’opinione rimane il fatto che chi contrae in proprio sotto nome altrui riferisce comunque il contratto a se medesimo quale autore della dichiarazione. L’ipotesi di contratto riferito esclusivamente alla persona di cui il contraente assume il nome è stata ravvisata nella conclusione del contratto tra assenti. Infatti, in questo caso l’unico elemento che si offre al destinatario per l’identificazione della sua controparte contrattuale è il nome indicato, speso e il contratto sarà pertanto riferibile soltanto al portatore del nome.

Può tuttavia obiettarsi che neppure tale circostanza (la lontananza dei contraenti) vale ad escludere il riferimento alla persona delle contraente come colui che emette (comunicandola per posta o con altri mezzi) la dichiarazione contrattuale.

Di ciò contratti conferma dal rilievo che chi contrae a distanza assume pur sembra il vincolo contrattuale quale autore della proposta o dell’accettazione anche se ricorrere ad un nome di fantasia.

E’, infatti, l’emissione della dichiarazione contrattuale che identifica obiettivamente l’autore delle contratto.

Sul piano degli interessi la posizione della controparte prova adeguata tutela nella scelta tra l’esecuzione del contratto nei confronti del contraente che ha contratto sotto non altrui e l’annullamento del contratto per errore essenziale sulla persona se ne ricorrono gli estremi. Colui che ha usurpato il nome non merita alcuna protezione e per il principio di autoresponsabilità risponde comunque dell’impegno assunto.

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