Al fine di regolare il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, la Costituzione richiama il ruolo del Consiglio di Stato come organo di tutela della giustizia dell’amministrazione (art. 100) e afferma il ruolo dello stesso e degli altri organi di giustizia amministrativa come giudici per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi (giurisdizione esclusiva) (art. 103). La Corte costituzionale, richiamandosi all’espressione particolari materie , ha ribadito che la tutela dei diritti soggettivi, anche nelle vertenze con l’amministrazione, spetta normalmente al giudice ordinario. Ai sensi dell’art. 103, quindi, la giurisdizione esclusiva sui diritti non può essere definita dal legislatore sulla base di criteri meramente discrezionali (es. mera partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio).

La complessità del riparto di giurisdizione rende concreto il rischio che il cittadino promuova azione davanti ad un giudice privo di giurisdizione per quella determinata controversia. In passato, qualora il giudice adito avesse dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, la parte avrebbe potuto riproporre la domanda davanti al giudice corretto, ma se nel frattempo fosse maturato un termine di decadenza la nuova domanda sarebbe stata dichiarata inammissibile. La Corte costituzionale, quindi, con la sent. n. 77 del 2007 dichiarò l’illegittimità costituzionale dell’art. 30 della legge TAR, in quanto essa non prevedeva che gli effetti della domanda proposta al giudice privo di giurisdizione si conservassero dopo la declinatoria della giurisdizione, se la domanda fosse stata riproposta davanti al giudice corretto (traslatio iudicii). Anche in questo caso la Corte si richiamò agli artt. 24 e 111 Cost., sostenendo che la pluralità delle giurisdizioni non poteva sacrificare il diritto della parte ad ottenere una decisione sul merito della sua pretesa.

L’art. 103 co. 1 menziona anche altri organi della giustizia amministrativa : la giurisdizione amministrativa generale, infatti, oltre al Consiglio di Stato, include anche un giudice amministrativo di primo grado (art. 125), costituito nei Tribunali amministrativi regionali. L’interpretazione dell’art. 125 come norma che sancirebbe il principio del doppio grado di giurisdizione sembrò essere accolta dalla Corte costituzione che con la sent. n. 61 del 1975 dichiarò l’illegittimità dell’art. 40 della legge TAR nella parte in cui non attribuiva al TAR per la Sicilia una competenza generale come giudice di primo grado e quindi non assicurava il doppio grado di giurisdizione. Successivamente la Corte escluse che l’art. 125 imponesse il principio del doppio grado, ritenendo che la norma costituzionale imponesse soltanto di ammettere l’appellabilità delle sentenze dei TAR (sent. n. 395 del 1988).

Il raccordo tra giurisdizione amministrativa e ordinaria è assicurato dalla previsione che contro le decisioni della Corte dei conti e del Consiglio di Stato è ammesso il ricorso alla Corte di Cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione (art. 111 co. 8). Da tale disposizione risalta anche la specificità del ruolo della Cassazione rispetto alla giurisdizione amministrativa e contabile: mentre rispetto alle sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei conti la Cassazione può essere adita solo per motivi inerenti alla giurisdizione, infatti, per le sentenze degli altri giudici speciali il ricorso alla Cassazione è ammesso anche per violazione di legge.

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