Con la riforma si era presentato il problema di fissare il criterio di riparto.

Si deve considerare il petitum (che si fonda sulla pronuncia richiesta, possibile il doppio grado di tutela) o la causa petendi (che si fonda sulla natura della posizione giuridica lesa, senza doppia tutela)? Dal 1930 venne adottato il criterio della causa petendi, ma furono comunque necessari ulteriori criteri per individuare il riparto:

a) Teoria della degradazione dei diritti soggettivi in interessi legittimi:


I diritti soggettivi, se colpiti da un potere amministrativo, degradano in interessi legittimi, sotto la giurisdizione del giudice amministrativo. Ma come può un diritto soggettivo, se limitato o estinto, “trasformarsi” in interesse? E quando si è comunque in presenza di poteri amministrativi, ma il diritto soggettivo non è degradabile (es. perché protetto in Cost.)?

b) Teoria basata sulla distinzione tra cattivo uso del potere e carenza di potere Cattivo uso del potere:

Si tratta di interesse legittimo, di competenza del giudice amministrativo. Esistendo una norma di legge che da alla PA il potere di emanare un atto, ci sarò solo un interesse affinché tale atto sia emanato in modo corretto. Carenza del potere:

Si tratta di diritto soggettivo, tutelato dal giudice ordinario. Non c’è una norma che da alla PA il potere di emanare l’atto. Non si tratta solo di carenza in astratto (es. perché non vi è la norma), ma anche in concreto (es. per forma, procedimento, termine perentorio, presupposti).

c) Teoria che si fonda sulla distinzione tra norme di azione e norme di relazione

Le norme di azione regolano l’esercizio dei poteri della PA, e si riferiscono all’interesse legittimo. Quelle di relazione regolano invece i rapporti tra i cittadini e la PA (e attengono dunque ai diritti soggettivi). Ma dopo aver chiarito a che tipo di norme appartengono diritto soggettivi e interessi legittimi, come si stabilisce quando una norma è di azione, e quando invece di relazione?

d) Teoria si basa sulla differenza tra attività discrezionale e vincolata

La prima, comprendente interessi legittimi di cognizione del giudice amministrativo, la seconda diritti soggettivi da tutelarsi tramite giudice ordinario.

// riparto di giurisdizione

– Il punto controverso è sempre stato quello di capire se il riparto dovesse fondarsi sul criterio del petitum ovvero della causa petendi (o petitum sostanziale).

– In base al primo criterio (petitum) il giudice competente viene individuato non già sulla base della natura della situazione giuridica che si assume lesa, bensì in ragione del tipo di pronuncia richiesta; quindi:

o se si chiede l’annullamento dell’atto amministrativo illegittimo, il giudice competente è il giudice amministrativo;

o se si chiede una sentenza di condanna della PA al risarcimento dei danni, il igudice competente è il giudice ordinario.

– L’applicazione del criterio del petitum determinale seguenti conseguenze:

o Il diritto soggettivo leso può essere fatto valere come interesse legittimo attraverso la richiesta di

annullamento del provvedimento illegittimo; o Il sistema di giustizia amministrativa è in grado di offrire una doppia tutela in quanto è possibile

alternativamente rivolgersi al giudice amm. per contestare le modalità di esercizio del potere e al

giudice civile per far valere, invece, le conseguenze patrimoniali sfavorevoli derivanti dall’esercizio

del potere amministrativo.

– In base al secondo criterio (causa petendi) la giurisdizione si radica sulla base della natura della situazione giuridica che si assume lesa.

Se ad essere leso è un diritto soggettivo, il giudice competente è il giudice ordinario;

Se ad essere leso è un interesse legittimo, il giudice competente è il giudice amministrativo.

L’applicazione del criterio della causa petendi comporta che:

o Non vi può essere alcuna doppia tutela poiché ogni situazione giuridica soggettiva ha la tutela sua

propria, affidata ad un giudice diverso; o Ogniqualvolta il giudice travalica le proprie attribuzioni, si pone una questione attinente alla

giurisdizione.

– Dal 1889 al 1930, si hanno due orientamenti diversi: la Cassazione che è favorevole all’applicazione del criterio della causa petendi; la giurisprudenza amministrativa favorevole all’applicazione del petitum.

– Nel 1930, dopo un lungo conflitto giurisprudenziale, tanto il CdS quanto la Cassazione, affermarono che il giudice competente va individuato sulla base della natura della situazione giuridica che si assume lesa.

– In seguito giurisprudenza e dottrina hanno dovuto affrontare il problema di individuare ulteriori criteri sulla cui base qualificare una lite tra pubblica amministrazione e privato in termini di controversia concernente la lesione di un diritto soggettivo ovvero di un interesse legittimo.

Le principali strade percorse hanno fatto leva su:

  1. La teoria della degradazione dei diritti, secondo la quale i diritti soggettivi colpiti dall’esercizio delle potestà amministrative degradano in interessi legittimi, con conseguente competenza del giudice amministrativo e conoscere della relativa controversia.
  2. La distinzione tra la carenza di potere e scorretto esercizio del potere , secondo il quale:

– si ha carenza di potere allorquando si contesta la stessa esistenza del potere amministrativo, ed in questo caso la controversia riguarda il diritto soggettivo e la giurisdizione spetta al giudice ordinario;

– si ha scorretto esercizio del potere quando si contesta il suo illegittimo esercizio, ed in questo caso la controversia riguarda l’interesse legittimo e la giurisdizione spetta al giudice amministrativo.

  1. La distinzione tra norme di relazione e norme di azione, secondo il quale si ritiene che:

– si sia in presenza di una norma d’azione quando la relativa disciplina è volta a tutelare in via diretta un interesse pubblico; in questo caso il privato è titolare di in interesse legittimo e dunque la controversia appartiene al giudice amministrativo;

– si sia in presenza di una norma di relazione quando la relativa disciplina è volta a tutelare in via principale l’interesse del privato; in questo caso il privato è titolare di un diritto soggettivo e dunque la controversia appartiene al giudice ordinario.

  1. La distinzione tra potere discrezionale e potere vincolato;

secondo un primo orientamento dottrinale vi è una tendenziale equivalenza tra attività unilaterale della PA ed esercizio delle potestà amministrative;

un diverso orientamento dottrinale ritiene invece che di esercizio del potere da parte della pubblica amministrazione si possa parlare soltanto nell’ipotesi in cui la relativa attività abbia carattere discrezionale.

Secondo l’impostazione dottrinale, a fronte dell’attività vincolata, il privato vanti diritti soggettivi, quindi la competenza a giudicare della lesione della posizione del privato spetta al giudice ordinario; a fronte dell’attività discrezionale, il privato vanta interessi legittimi, quindi la competenza a giudicare spetta al giudice amministrativo.

La giurisprudenza, invece, annette rilevanza alla distinzione tra attività discrezionale e vincolata ai fini del riparto di giurisdizione soprattutto in relazione ad alcune fattispecie, quali in particolare il potere della PA di imporre prestazioni patrimoniali a privati (potere impositivo), le obbligazioni pubbliche aventi ad oggetto somme di denaro erogate a vario titolo in favore dei privati, la materia dell’iscrizione agli albi professionali; in questi casi viene riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario.

5. La qualificazione d alcuni atti amministrativi come atti dichiarativi o meramente ricognitivi.

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