Le fonti del diritto amministrativo sono quelle dell’ordinamento generale, per le quali si rinvia alle trattazioni di diritto costituzionale, salve alcune particolarità.

Occorre preliminarmente dire che l’attività di amministrazione è oggetto di normazione non solo delle fonti di diritto nazionale, ma anche di quelle di diritto europeo, che sta investendo alcuni importanti settori dell’amministrazione pubblica, ma anche la stessa disciplina generale. In virtù del meccanismo di adattamento del diritto interno al diritto

europeo, molto spesso, quest’ultimo opera per forza applicativa propria e viene a vincolare direttamente l’attività dei cittadini.

Venendo all’analisi delle fonti cd. dirette, vale a dire quelle disciplinate dal nostro ordinamento, possiamo dire che esse sono organizzate secondo il duplice principio della gerarchia e della competenza.

Secondo il principio della gerarchia, si ha un rapporto di sovra ordinazione -subordinazione tra le fonti normative, avendo le prime la forza di stabilire una disciplina che non può essere abrogata o modificata dalle seconde, pena l’invalidità di queste ultime.

Secondo il principio della competenza, le fonti, a prescindere dalla loro posizione gerarchica, sono capaci di disciplinare una determinata materia piuttosto che un’altra.

Le fonti possono essere dislocate su tre ordini gerarchici: fonti costituzionali, fonti primarie e fonti secondarie. Al primo livello gerarchico si pone la Costituzione e le leggi costituzionali le cui norme, in virtù del principio della rigidità costituzionale, si impongono su tutte le altre fonti. La Costituzione, infatti, può essere modificata solo attraverso lo speciale procedimento previsto dall’art. 138, cioè attraverso le leggi di revisione costituzionale. Le leggi costituzionali si pongono gerarchicamente sullo stesso piano della Costituzione quanto alla loro forza formale, trovando, a loro volta, dei limiti all’interno della Costituzione stessa.

Al secondo gradino gerarchico si pongono le leggi ordinarie e gli atti aventi forza di legge (cd. fonti primarie). Le leggi ordinarie sono atti formali approvati dalle Camere secondo il procedimento disciplinato dagli artt. 70 ss. C. e dai regolamenti parlamentari, e sono promulgate dal Presidente della Repubblica.

I decreti legge (art. 77 cost; art. 15 1. 400/1988) sono atti legislativi del Governo adottati in casi eccezionali di necessità ed urgenza con necessaria conversione delle Camere entro 60 gg. dalla pubblicazione, pena la decadenza ex tunc del decreto.

I decreti legislativi, invece, sono adottati dal Governo, previa delegazione conferita con legge, che stabilisce oggetto, principi e criteri direttivi, nonché il termine entro il quale la delegazione può essere esercitata. In tale ordine rientrano anche le leggi regionali, che operano in una sfera di competenza fissata dalla Costituzione, che ne individua ambiti di competenza esclusiva (art. 1-17, 2°-comma,) concorrente con la normazione statale (art-li 7, 3° comma). Per le materie non elencate nei due commi citati, si parla poi di potestà ed residuale (secondo taluni esclusiva) (art. 117,4° comma).

La L. cost. 3/2001 ha fortemente ampliato lo spazio normativo attribuito alla legge regionale e ha soppresso il sistema dei controlli statali su di esse, ormai assoggettate al solo controllo della Corte costituzionale (art. 127 cost.). Alla base del funzionamento della nostra amministrazione si pone il principio di legalità in base al quale, secondo una tradizionale impostazione, ogni potere amministrativo deve essere previsto e disciplinato, salvo le parti di dettaglio, da norme di lesse.

Nella più recente evoluzione dell’ordinamento positivo, il principio di legalità ha assunto il significato di principio che impone la predeterminazione normativa — ma non necessariamente con legge – dei casi di esercizio del potere amministrativo, fatti salvi i limiti posti dalla Costituzione.

Va, inoltre, tenuto presente il processo cd. di delegificazione, che ha segnato una profonda modificazione nei rapporti tra legge e regolamento, attribuendo un ruolo particolarmente ampio alla fonte regolamentare nella disciplina dell’amministrazione.

Ampia, dunque, è la presenza delle fonti secondarie nella disciplina dell’amministrazione, e particolarmente importante è il ruolo dei regolamenti nel contesto della normazione amministrativa. Si tratta di atti formalmente amministrativi, espressione del potere del Governo, delle Amministrazioni, di disciplinare e organizzare sé stesse e la propria attività. In tal senso, si tratta di atti assoggettati ad una disciplina propria per quel che riguarda il procedimento, la validità, i controlli, etc.

Difatti, il potere regolamentare, cioè il potere di disciplinare con norme generali e astratte determinate materie stabilite dalla legge e nel rispetto delle norme fissate dalla legge, è uno dei tipici poteri amministrativi.

Esistono varie tipologie di regolamenti di normazione secondaria. Con riferimento allo Stato, la L. 400/1988 distingue tre specie” di regolamenti: Regolamenti del Governo, regolamenti ministeriali e regolamenti interministeriali.

I regolamenti del Governo sono emanati con D.P.R., “previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato” e vengono pubblicati sulla G.U.; essi sono di due specie:

– la prima specie esprime il potere regolamentare del Governo, che costituisce un potere generale, che non necessita di specifiche autorizzazioni e riguarda l’esecuzione, l’attuazione e integrazione di atti legislativi e direttive comunitarie, nonché l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche; in questa prima categoria rientrano i regolamenti cd. indipendenti (che conferiscono al
governo un potere normativo sostanzialmente libero in tutte le materie non disciplinate dalla legge, a condizione, però, che non siano coperte da riserva di legge) nonché i regolamenti cd. di organizzazione;

– la seconda specie comprende i cd. regolamenti delegati, che necessitano di una apposita autorizzazione legislativa ed hanno la capacità di disciplinare ex novo materie già disciplinale con legge, sostituendo la disciplina regolamentare a quella legislativa preesistente che viene abrogata secondo il fenomeno della delegificazione.

Altra specie di regolamenti del Governo è quella di cui alla L. 86/1989 relativa ai regolamenti di attuazione delle direttive comunitarie in materie non oggetto di riserva di legge.

Tutti regolamenti statali sono sottoposti al controllo preventivo della Corte dei conti e devono essere pubblicati in G.U. (momento a partire dal quale le norme giuridiche in essi contenute producono effetti).

Si parla, poi, di fonti secondarie non statali facendo riferimento potestà regolamentare di cui ogni ente pubblico, salve espresse eccezioni, è dotato.

Esemplificativa in tal senso è la potestà regolamentare prevista dalla Costituzione per gli enti del governo territoriale (regioni, province e comuni).

Grande rilievo hanno assunto anche le fonti comunitarie, che si suole collocare tra le fonti primarie o “super” primarie; esse, pur se derivate da organi e poteri esterni allo Stato, trovano fondamento e forza all’interno della Costituzione, che le accetta in vista delle limitazioni di sovranità (art. 11 Costituzione).

II nostro paese, in virtù di una serie di Trattati, è membro dell’Unione europea, comunità di Stati dotata di organi centrali di governo capaci di esercitare poteri nei confronti degli Stati membri e anche, direttamente, nei confronti dei cittadini. Elementi questi, ulteriormente accentuati per effetto del Trattato sulla Costituzione europea firmato a Roma il 29 ottobre 2004. Particolare rilievo è stato dato ai poteri normativi degli organi comunitari e, in virtù del principio generale di sussidiarietà, fatto proprio dal Trattato di Maastricht e, in precedenza, per effetto del Trattato CE., operano con oggetto sostanzialmente generale.

Di grande rilievo è il fatto, assolutamente pacifico, del primato del diritto comunitario sul diritto interno contrastante. A tal proposito, la giurisprudenza, inizialmente, ha ritenuto che tale primazia dovesse tradursi in una dichiarazione di incostituzionalità della lesse nazionale, anteriore o successiva, in contrasto con la normativa comunitaria. Attualmente, invece, si ritiene che il suddetto contrasto vada risolto mediante ìa_ disapplicazione della normativa nazionale e applicazione di quella comunitaria; la via della disapplicazione consente, infatti, di considerare la norma nazionale astrattamente in visore nella misura in cui potrà ritornare ad essere applicata a seguito del “ritirarsi” della normativa comunitaria in materia.

Tra le fonti comunitarie vi sono, anzitutto, i Trattati istitutivi delle Comunità, i regolamenti, direttive. In particolare:

– i Regolamenti pongono nonne direttamente applicabili all’interno degli stati membri, con conseguente

disapplicazione, da parte dei giudici nazionali, della norma interna eventualmente contrastante;

– le Direttive vincolano l’azione dei singoli Stati .membri “per quanto riguarda il risultato da raggiungere”, ferma restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi”, fatto salvo il caso in cui si tratti delle cd. direttive dettagliate o self-executing.

Altri atti comunitari non hanno carattere normativo-(decisioni, pareri, raccomandazioni), per cui il loro recepimento è assicurato attraverso la cd. legge (nazionale) comunitaria annuale.

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