Nelle interpretazioni che affermavano il carattere processuale dell’interesse legittimo, la tutela del cittadino si attuava nell’annullamento del provvedimento impugnato. Era quindi difficile ipotizzare una tutela risarcitoria, dal momento che il diritto al risarcimento presuppone la lesione di un interesse sostanziale. Anche il riconoscimento del carattere sostanziale dell’interesse legittimo, tuttavia, non comportava automaticamente la conclusione che la lesione di un interesse legittimo fosse risarcibile.

Occorre analizzare i mutamenti di dottrina e giurisprudenza al riguardo:

  • fino alla fine degli anni Novanta, la giurisprudenza ammetteva una responsabilità civile dell’amministrazione solo nel caso di lesione di un diritto soggettivo, accogliendo una lettura dell’art. 2043 che identificava il danno ingiusto passibile di risarcimento con il danno arrecato a diritti soggettivi. Il risarcimento del danno causato da provvedimenti amministrativi sarebbe stato possibile solo se il cittadino fosse stato titolare di un diritto soggettivo prima dell’esercizio del potere da parte dell’amministrazione (es. diritto di proprietà precedente al decreto di esproprio). Non sarebbe stato possibile, al contrario, qualora la posizione del cittadino fosse stata ab origine soltanto un interesse legittimo (es. richiesta del permesso di costruire). Secondo questa concezione, in particolare, era necessario un duplice presupposto per il risarcimento:
    • l’annullamento del provvedimento lesivo, che ripristinava il diritto soggettivo su cui aveva precedentemente inciso il provvedimento;
    • la configurazione di un pregiudizio ad un diritto soggettivo;
    • la posizione precedente, per quanto criticata, fu abbandonata dalla Cassazione solo con la sent. n. 500 del 1999 delle Sezioni Unite, nella quale la Corte dispose che l’art. 2043 non integrava le disposizioni sui diritti soggettivi e sulla loro tutela, ma aveva una propria autonomia, assicurando in senso ampio la riparazione del danno ingiustamente subitoda un soggetto a causa del comportamento di un altro soggetto. Nel suo intervento la Cassazione, mettendo a confronto diritti soggettivi ed interessi legittimi, affermò tuttavia che per il risarcimento del danno non era sufficiente la lesione dell’interesse legittimo in quanto tale, ma era necessaria anche una lesione al bene della vita correlato all’interesse (utilità finale). Occorre quindi operare una distinzione fondamentale:
      • la lesione degli interesse oppositivi risulta facilmente risarcibile, dal momento che essi ineriscono direttamente alla conservazione di un bene o di un’altra posizione di vantaggio (utilità finale);
      • la lesione degli interessi pretensivi può essere risarcita soltanto se la pretesa del cittadino, sulla base di un giudizio prognostico, sembrava destinata ad ottenere un esito positivo (utilità finale).

La Cassazione, nell’ammettere la possibilità del risarcimento per lesioni di interessi legittimi, precisò che in questo caso si doveva applicare pienamente il modello di responsabilità extracontrattuale previsto dall’art. 2043. Per il risarcimento del danno, quindi, era essenziale la dimostrazione dell’imputabilità dell’illecito all’amministrazione a titolo di colpa o di dolo (elemento soggettivo);

  • alla pronuncia della Cassazione fecero seguito le disposizioni della l. n. 205 del 2000, che estesero la giurisdizione amministrativa alle vertenze risarcitorie, escludendo che il cittadino leso in un suo interesse dovesse ricorrere prima al giudice amministrativo (annullamento) e solo successivamente al giudice ordinario (risarcimento del danno). In forza di tale legge, alcuni giudici cominciarono a riconoscere un risarcimento anche nei casi in cui la lesione dell’interesse legittimo non sembrava pregiudicare il bene della vita, per lo meno se inteso come utilità finale (es. risarcimento per il ritardo nell’emanazione di un provvedimento favorevole spettante al cittadino). Le lesione dell’interesse legittimo, quindi, cominciò a rappresentare una condizione sufficiente per ammettere un diritto al risarcimento del pregiudizio arrecato.

Il principio della risarcibilità dei danni arrecati a interessi legittimi rafforza il riconoscimento che interesse legittimo e diritto soggettivo hanno una componente comune di ordine sostanziale. La possibilità di un’azione risarcitoria, peraltro, dimostra anche che le modalità di tutela dell’interesse legittimo non sono più alternative a quelle del diritto soggettivo, ma sono in certa misura comprensive di esse.

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