L’amministrazione consensuale. Alcuni cenni problematici

Gli accordi tra i privati e le pubbliche amministrazioni sono disciplinati dall’articolo 11, mentre gli articoli 14 e 15 si occupano dei rapporti fra apparati amministrativi e degli accordi fra le amministrazioni pubbliche. Tale collocazione non è casuale poiché mira a sottolineare il differente ruolo che viene assegnato al consenso a seconda dei soggetti coinvolti nel rapporto in cui esso si materializza.

Il fatto che un procedimento amministrativo possa concludersi, anziché con un tradizionale provvedimento, con un accordo svela l’intento del legislatore di favorire, per quanto possibile, soluzioni transattive o negoziali, soprattutto nelle forme di partecipazione dei privati al procedimento a carattere cooperativo. Ciò non significa che l’interesse pubblico o generale sia piegato al cospetto dell’interesse del privato: innanzitutto perché l’accordo non può e non deve comportare la recessività o dequotazione degli interessi pubblici che debbono essere curati (si pensi al fatto che l’amministrazione potrà comunque recedere dall’accordo per sopravvenuti motivi di pubblico interesse); in secondo luogo perché quella di concludere un accordo si configura solo come una possibilità e non come un obbligo. In definitiva, anche se la disciplina positiva del contratto di diritto pubblico conferma che gli apparati amministrativi godono di consistenti margini di discrezionalità nella scelta di un’alternativa agli strumenti autoritativi tradizionali (in ragione della capacità giuridica che è loro propria), occorre non dimenticare che il fine degli accordi è quello di assicurare una migliore cura degli interessi pubblici, nonché degli interessi tutti, coinvolti dal procedimento.

Ancora a proposito di ragionevolezza e di proporzionalità. Verso un “nuovo” diritto amministrativo di garanzia?

Se ragionevolezza e proporzionalità possono sembrare sinonimi, sembra più giusto sottolineare che la ragionevolezza attiene all’iter procedimentale (e dunque soprattutto all’istruttoria del procedimento), mentre la proporzionalità in senso stretto riguarda il provvedimento, come misura concreta del bilanciamento di interessi coinvolti dall’attività amministrativa. In questo senso, la ragionevolezza del procedimento in misura il rispetto delle regole e delle forme, mentre la proporzionalità della situazione finale dà conto di come l’interesse pubblico venga soddisfatto con il minor sacrificio possibile degli interessi privati coinvolti: la ragionevolezza dell’istruttoria conferma il provvedimento fino a, che sarà legittimo se proporzionato. Ancora quindi potremmo dire che la ragionevolezza misura la razionalità del procedimento, mentre la proporzionalità misura il potere discrezionale dell’amministrazione nei bilanciamento degli interessi in gioco. Ragionevolezza e proporzionalità si rivelano come i principi forti di un diritto amministrativo di garanzia, o, per meglio dire, come i principi istituzionali dell’attività amministrativa. Questo ci permette di comprendere come la cosiddetta amministrazioni di risultato non è in realtà incompatibile con il diritto amministrativo di garanzia, ma anzi ne costituisce il naturale completamento, sempre che essa sia delineata come modello positivo che ha a cuore la tutela e la soddisfazione degli interessi della persona. Il problema è quello di individuare il modo in cui possono conciliarsi la semplificazione amministrativa e la tutela delle garanzie. La risposta al problema non è univoca, ebbe complicata dal fatto che la legge 241/90 talvolta implementa l’area delle garanzie in favore dei privati, talaltra sembra avvilire il valore ordinatore della forma (vedi art. 21 octies).

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