Entrate e spese pubbliche sono considerate separatamente dalla nostra Carta Costituzionale. In particolare, per quanto riguarda le entrate, la Costituzione distingue le entrate patrimoniali (che lo Stato e gli altri enti pubblici ricavano dalla loro proprietà) dalle entrate tributarie.

Le entrate dello Stato sono ripartite in:

• titoli, distinti a seconda che abbiano natura tributaria, extratributaria o provengano dall’ alienazione dei beni patrimoniali, dalla riscossione di crediti o dall’ accensione di prestiti;

• ricorrenti o non ricorrenti, a seconda che la loro acquisizione sia prevista a regime ovvero sia limitata ad uno o più esercizi;

• tipologie: per le entrate tributarie si indicano i tributi più importanti (IRE, IRES, IVA); per i restanti titoli è indicata, invece, la tipologia del provento (redditi da capitale o proventi da servizi);

• categorie, a seconda che l’ entrata derivi dall’ attività ordinaria di gestione o dall’ attività di controllo (ad es., recupero di imposte evase);

• capitoli, eventualmente suddivisi in articoli.

Per le spese pubbliche, invece, non esiste una disciplina costituzionale specifica; esistono, però, numerose norme della Costituzione che, addossando alla Repubblica (Stato, regioni ed enti pubblici) compiti che hanno un costo (ad es., cure gratuite agli indigenti o assistenza agli inabili al lavoro, che sono privi di mezzi), rendono obbligate certe spese pubbliche.

Le spese dello Stato sono ripartite in:

• missioni, che stabiliscono le funzioni e gli obiettivi fondamentali;

• programmi, che sono diretti al perseguimento di questi obiettivi;

• capitoli, secondo l’ oggetto della spesa.

Il documento che tiene insieme, collegandole, entrate e spese è il bilancio, il quale, infatti, si concreta nella previsione delle entrate che lo Stato o l’ ente pubblico ritiene di realizzare nel corso dell’ esercizio finanziario e nella previsione delle spese da effettuare.

Il bilancio è presentato dal Governo e approvato dal Parlamento; in particolare, il ciclo della programmazione di bilancio (disciplinato con L. 196/09) è avviato dalla Relazione sull’ economia e la finanza pubblica (da presentare alle Camere entro il 15 aprile di ogni anno); segue lo schema di Decisione di finanza pubblica (da presentare alle Camere entro il 15 settembre); entro il 15 ottobre va predisposta la manovra di finanza pubblica (quest’ ultima è formata dalla legge di stabilità, che sostituisce la vecchia legge finanziaria, e dalla legge di bilancio); i disegni di legge legati alla manovra vanno presentati entro il mese di febbraio dell’ anno successivo, mentre il d.d.l. di assestamento deve essere pronto entro il 30 giugno.

Un ultimo accenno occorre dedicarlo al procedimento di erogazione della spesa pubblica. Questa, in particolare, si esplica attraverso quattro fasi: l’ impegno, con il quale il dirigente (o l’ organo politico), a seguito di obbligazione giuridicamente perfezionata, determina la somma da pagare, il soggetto creditore, indica la ragione e costituisce il vincolo sulle previsioni di bilancio; la liquidazione, che consiste nel complesso di operazioni con le quali viene determinato l’ importo della somma da pagare e individuata l’ identità del beneficiario; l’ ordinanza, che consiste nella emissione del titolo di spesa (cd. ordinativo di pagamento) con il quale viene impartito al tesoriere (o cassiere dell’ ente) l’ ordine di effettuare il pagamento, cioè la materiale erogazione del denaro a favore del beneficiario.

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