Con il provvedimento amministrativo l’ autorità dispone qualcosa; un qualcosa che, di solito, richiede un’ attività materiale ulteriore (o del privato o della stessa autorità).

Volendo esemplificare, in relazione ad una prima serie di ipotesi possiamo dire che il privato, in seguito all’ emanazione del provvedimento, ha la possibilità di porre in essere una determinata attività: così, ad es., una volta rilasciata l’ autorizzazione, il privato può svolgere un’ attività che prima gli era vietata (costruire una casa, trasmettere programmi televisivi, etc.).

In altri casi, invece, egli non ha la facoltà, ma l’ obbligo di porre in essere un’ attività: ad es., quando gli viene notificato un ordine di demolizione o un ordine di messa in sicurezza di un immobile o un ordine di sgombero. In questi casi, se il privato non ottempera, l’ amministrazione può imporre l’ esecuzione coattiva dell’ obbligo inadempiuto, senza necessità di rivolgersi al giudice; e ciò in forza di un principio generale di esecutorietà degli atti amministrativi (è necessario sottolineare, però, che il legislatore del 2005, modificando l’ art. 21 ter L. 241/90, ha stabilito espressamente che l’ esecuzione coattiva da parte dell’ amministrazione può essere imposta soltanto nelle ipotesi e con le modalità previste dalla legge).

In una terza serie di ipotesi, infine, è l’ amministrazione che deve attuare il provvedimento: così, ad es., il decreto di espropriazione viene eseguito dall’ espropriante (l’ autorità amministrativa) mediante l’ immissione in possesso, la descrizione dell’ immobile e la trascrizione del decreto stesso.

In relazione a quest’ ultima serie di ipotesi, è importante specificare, però, che la giurisprudenza della Cassazione, con sent. 1463/83, ha stabilito che l’ attività materiale posta in essere dall’ autorità amministrativa può anche essere esplicata in esecuzione di un provvedimento tacito: si è ritenuto, ad es., che l’ occupazione senza titolo (cd. occupazione acquisitiva) di un immobile da parte di un soggetto pubblico, seguita dalla trasformazione irreversibile del bene, facesse perdere al privato la proprietà, come se l’ immobile fosse stato espropriato con un regolare decreto. Questa invenzione giurisprudenziale, tuttavia, non solo è stata giudicata incompatibile con la tutela del diritto di proprietà (assicurata dalla Convenzione europea dei diritti dell’ uomo), ma è risultata in contrasto anche con il principio di legalità, ex art. 42 Cost., ai sensi del quale la proprietà privata può essere espropriata solo nei casi previsti dalla legge.

Per risolvere il problema si è deciso allora di inserire nel T.U. sull’ espropriazione per pubblica utilità (D.P.R. 327/01) una disposizione che abilita l’ autorità, che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico (dopo averlo modificato in assenza di un valido provvedimento di esproprio), ad acquisirlo con un provvedimento espresso al suo patrimonio indisponibile (in tal modo, l’ effetto traslativo della proprietà viene ascritto non in base ad un comportamento di fatto, bensì in presenza di un atto giuridico, emesso a sanatoria, ma che è previsto dalla legge).

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