La società civile dei secoli dal IX all’XI ha subìto trasformazioni profonde ad una struttura caratterizzata dalla distinzione tra liberi e servi subentrò a partire dall’XI secolo una struttura diversa, in cui si distingueva anzitutto chi combatteva da chi lavorava la terra, e la servitù si confondeva con il coronato.

La servitù esiste presso i Germani già prima delle migrazioni. Le leggi dei Franchi, dei Visigoti, dei Longobardi e degli altri popoli germanici ne trattano a più riprese, utilizzando tra l’altro non poche regole del diritto romano.

Si è servi per conquista di guerra o per debiti civili o penali, ma soprattutto per nascita.

La libertà si consegue con la manomissione, della quale le leggi germaniche hanno trasmesso diverse forme arcaiche, accanto ad altre certo più recenti: fra queste, la liberazione disposta dal padrone con atto di ultima volontà.

Il servo poteva prestare la sua opera sulla parcella di terra gestita direttamente dal padrone e proprietario, ricevendo un compenso (servi «indominicati»); ovvero poteva risiedere in un fondo separato abitando una casa adibita a suo uso, secondo una risalente tradizione dei Germani (servi «casati»).

il servo è ormai (a differenza che nel mondo antico) persona in senso giuridico, la sua unione è un vero matrimonio, la sua famiglia è una vera famiglia (l’influenza cristiana.)

  • Il servo è soggetto al padrone nel lavoro e nella vita privata
  • I connubi tra liberi e servi sono severamente puniti.
  • con un editto di Liutprando, al padrone è vietato di uccidere il proprio servo, e impedito di abusare sessualmente della serva, comminando quale sanzione la libertà di lei e del marito.
  • Il servo ha un peculio (animali, attrezzi, anche appezzamenti di terra) che gestisce autonomamente; il peculio spetta di diritto al padrone in caso di morte o di cessione del servo, ma non di rado diviene di fatto del servo, o addirittura viene impiegato da questi per comprare la propria libertà.

la differenza tra liberi e servi consiste nello stato giuridico, che per il servo è tale da impedire l’esercizio di una serie di diritti-doveri che sono propri del libero: la milizia, la presenza nei placiti pubblici, la libertà di movimento, A godimento dei beni comuni del villaggio, la possibilità di entrare negli ordini ecclesiastici secolari e regolari, e così via.

Con l’avvento delle signorie rurali e delle castellanie del secolo XI, in talune regioni l’identità giuridica e sociale dei servi si smarrì.

Ormai non vi sono più se non contadini e coloni, tra i quali certamente figurano i servi di un tempo e i loro discendenti, equiparati ai rustici nelle guardie armate, nei diritti di pascolo, nelle udienze giudiziarie, nello stesso giuramento di fedeltà un tempo riservato ai liberi.

La «costituzione sociale» del medioevo consiste nella continua modificazione delle condizioni reali e degli assetti giuridici dei diversi ceti, riscontrabile più nella prassi documentaria che nei testi legislativi.

si ritrova, a ondate, la presenza di veri e propri schiavi, soggetti a condizioni di vita certo più dure rispetto a quelle dei «servi casati», perché privi della pur limitata autonomia familiare e patrimoniale riconosciuta a costoro.

I regni germanici conobbero una categoria di uomini di condizione giuridica intermedia tra quella dei servi e quella dei liberi, gli «aldii» o «liti», legati con vincoli di dipendenza ad un libero, ma dotati di capacità giuridica e negozia- le superiore a quella dei servi.

La scomparsa degli aldii, il venir meno dei servi in talune regioni sono l’indice di trasformazioni sociali nelle quali si intrecciano elementi economici, giuridici e politici.

Nell’Italia padana, sin dall’età carolingia, la condizione dei servi casati (massari) tende ad allinearsi a quella dei liberi che ottengono, attraverso lo strumento del contratto di livello, il diritto di coltivare una terra.

I servi casati mirano a sottrarsi all’onere di prestare la propria opera sul possedimento del padrone laico od ecclesiastico; i livellari riescono a ridurre, fino all’estinzione, il numero delle giornate di lavoro sulla pars dominica, mantenendo soltanto l’obbligo del censo in denaro e soprattutto in prodotti.

Il miglioramento della loro condizione risulta anche dal fatto che ormai essi lecitamente possono appropriarsi dei beni mobili (in primo luogo degli animali) prodotti sul fondo. La durata massima del contratto di livello è di 29 anni, per evitare a rischio della prescrizione trentennale a favore del livellario.

Questa graduale assimilazione dello stato giuridico di chi coltiva una terra non propria procede in parallelo con l’assottigliarsi dei ceto dei liberi proprietari (Allodieri).

Ragioni diverse indussero a ciò: le pressioni dei potenti, la formazione di grandi proprietà laiche ed ecclesiastiche (le curtes) entro le quali i lavora- tori dipendenti ottenevano condizioni di vita più vantaggiose e protette, ed anche il desiderio di sottrarsi agli oneri militari e civili gravanti sui liberi.

Il mondo degli uomini liberi è tutt’altro che uniforme nei profili sociali, politici e giuridici. Le fonti testimoniano la presenza di più status personali, contrassegnati da specifici oneri e diritti.

Arimanni dell’Italia settentrionale, risultano più tardi tenuti a servizi militari, ma anche di guardia dei placiti e dei ponti, che costituiscono di norma il corrispettivo di una concessione di terre fiscali compiuta per volontà regia.

Anche altrove la storiografia moderna ha posto in rilievo l’esistenza di particolari gruppi di «liberi del re», concessionari di terre fiscali, legati al monarca e da lui protetti anche se non necessariamente dotati di istituzioni giudiziarie distinte da quelle degli altri liberi.

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