In Francia ð si affermò sempre più nei secoli X e XI, tostante taluni tentativi in senso contrario dei sovrani e nonostante i casi di feudi tolti ai discendenti e conferito ad altri.

Nei territori dell’impero ðla spinta alla successione nel feudo ottenne un ,esso decisivo nel 1037, allorché Corrado il Salico espressamente sancì in un editto emesso a Milano il diritto alla successione dei figli e del fratello del valvassore egli conquistò così il favore dei feudatari minori in una fase politica difficile, ma l’editto ebbe influenza ben più duratura.

Anche in Inghilterra ðil passaggio del feudo ai discendenti divenne la regola nel corso del XII secolo.

In linea di principio, il signore manteneva pur sempre il diritto di riprendersi il beneficio alla morte del vassallo; ma tale diritto fu esercitato sempre più raramente.

La prospettiva di ottenere la trasmissione del feudo al figlio era d’altra parte un potente incentivo per tener viva la fedeltà del vassallo.

Anche quando la successione del discendente sul feudo divenne la regola, essa non fu mai immediata e automatica. Era indispensabile che il figlio prestasse l’omaggio al signore e ottenesse l’investitura, entro un termine variabile da luogo a luogo.

Inoltre, per poter rilevare i diritti sul feudo e prenderne possesso, l’erede del vassallo era di norma tenuto a pagare una somma in denaro, il cui ammontare poteva essere fisso ovvero pari al reddito di un anno del feudo.

Se unica crede era una femmina, essa era in origine esclusa dalla successione nel feudo; ma col tempo le eccezioni si moltiplicarono sino a divenire regola, pur riservandosi il signore il diritto di dare il suo assenso alla scelta dello sposo della donna, poiché al marito incombevano gli oneri militari scaturenti dal rapporto di vassallaggio.

Naturalmente, i discendenti maschi potevano essere più di uno. L’esigenza di mantenere il feudo indiviso perché al signore fossero meglio assicurati i servizi promessi e perché il potere vassallitico restasse saldo e compatto confliggeva con la naturale esigenza di non creare disparità macroscopiche tra i figli.

  • In Germania si adottò spesso, tra I’XI e XIII secolo, una forma di infeudazione collettiva in cui più membri della famiglia ponevano congiuntamente le loro mani nelle mani del signore.
  • Nell’Italia settentrionale e in Provenza, tutti i figli succedevano nel feudo, che veniva suddiviso.
  • In Inghilterra giunse a prevalere la primogenitura: sicché il feudo rimaneva indiviso nelle mani del primo figlio maschio .
  • In Normandia, si affermò invece l’uso di investire del feudo il primogenito quale a sua volta lo divideva con i fratelli, che talora restavano a lui l’omaggio.

Un’evoluzione parallela a quella che condusse all’ereditarietà del feudo si verificò riguardo ai diritti del vassallo sul beneficio.

All’origine si trattava di un semplice usufrutto sui beni concessi, senza alcuna facoltà di disporne autonomamente. Ma la tendenza a rendere più solido il rapporto tra il vassallo e la terra dovette essere consistente sin dall’età carolingia: un capitolare dell’806 rivela che vi erano conti ed altri vassalli regi che miravano a convertire in piena proprietà talune terre date loro in beneficio dal re.

Inoltre, alla morte del signore fu via via meno facile che il successore potesse rifiutare di accettare l’omaggio e di reinvestire del feudo il medesimo vassallo, anche se in linea di diritto il contratto feudale si era sciolto.

La manifestazione più evidente dell’ampiezza raggiunta dai diritti del vassallo sul beneficio si ebbe con l’alienabilità del feudo.

Le carte dimostrano che sino al XII secolo non soltanto si richiedeva il consenso del signore, ma che costui prendeva parte all’atto di cessione insieme coi vassallo, il quale gli aveva previamente retroceduto il possesso della terra. In tal modo l’acquirente era garantito sul doppio fronte del vassallo e del suo signore.

In talune regioni il signore fu però abilitato ad esercitare un diritto di prelazione sul feudo posto in vendita. Col tempo, anche questi diritti del signore si affievolirono, e l’alienazione diretta del feudo da vassallo a vassallo, con il consenso tacito e presunto del signore, divenne abbastanza frequente. Era «la fedeltà messa in commercio».

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