Nell’Italia settentrionale e centrale lo sviluppo delle istituzioni cittadine era stato particolarmente precoce.

Tra la fine dell’XI secolo e i primi decenni del XII, molte città raggiunsero l’autonomia giurisdizionale attraverso la nomina di consoli responsabili dell’ordine interno, della difesa, della giustizia entro le mura cittadine e, presto, anche nel contado circostante.

Ogni città giunse attraverso vicende diverse alla istituzione del comune.

A Genova dopo un periodo di contrasti tra la cittadinanza e il vescovo si giunse nel 1099 a stipulare un’associazione volontaria giurata di tutti gli abitanti (Compagna communis), con l’elezione di consoli e la rinuncia da parte del vescovo all’esercizio della giurisdizione temporale.

A Milano il comune dei consoli cominciò a funzionare regolarmente dal 1130, ma era nato circa trent’anni prima.

A Venezia i poteri del dux altomedievale furono progressivamente limitati e precisati nel corso del XII secolo ponendogli accanto alcuni giudici, istituendo un Consiglio dei Savi e poi numerose altre magistrature, stabilendo procedure di nomina e ripartizioni di competenza sempre più perfezionate.

A Pisa nel 1094 un gruppo di imprenditori marittimi, attivi nel commercio con l’Oriente mediterraneo, promossero l’avvento del consolato d’intesa con l’arcivescovo, trasferendo alla nuova istituzione i poteri già esercitati dal visconte.

A Firenze il comune nacque intorno agli anni 1125-38 con l’istituzione dei consoli e, più tardi, di un consiglio di boni homines e di una magistratura di provisores che esaminava i reclami dei cittadini, mentre l’assemblea generale si riuniva quattro volte all’anno.

Dall’Italia il consolato si trasmise, sin dalla prima metà del XII secolo, alle città della Provenza e della Linguadoca che erano in più diretti rapporti commerciali con l’Italia.

il modello italiano del consolato venne via via adottato da un numero crescente di città della Germania e delle Fiandre, fino ad imporsi come prevalente in Europa.

Il conseguimento dell’autonomia da parte delle città non fu, né poteva essere, indolore: la resistenza dei poteri legittimi si fece sentire.

Nelle città vescovili si instaurò in molti casi, una sorta di diarchia tra il vescovo e il comune, con delimitazione delle rispettive competenze.

Molte città rimasero soggette a un signore o a un sovrano, ottenendo peraltro il riconoscimento di privilegi di varia natura.

Altre città invece raggiunsero un tale livello di indipendenza e di autonomia da non potersi qualificare se con come Stati-città, perché ormai in possesso dei tipici attributi della sovranità. Ciò si verificò anzitutto nei grandi comuni della Lombardia, della Toscana, del Veneto.

Federico Barbarossa cercò con tutte le forze di ricondurre le città italiane entro l’orbita giuridica dell’impero, alla quale esse indubbiamente appartenevano in linea di diritto.

La resistenza incontrata dovette riempire di meraviglia l’imperatore: un cronista germanico che gli era vicino anche per ragioni di parentela,  riferiva come le città lombarde amassero la libertà al punto da affidare il potere ai consoli anziché ai signori, per di più mantenendoli in carica solo per brevi periodi; e come alle cariche pubbliche venissero chiamati anche giovani non appartenenti al ceto nobiliare e persino artigiani, che altrove sarebbero stati considerati esiziali

All’inizio l’imperatore germanico sembrò sul punto di riuscire nell’impresa: nel 1158 Milano assediata capitolò e promise di restituire all’imperatore tutti i diritti a lui spettanti (le «regalie»); impegnandosi inoltre ad assoggettare i consoli al controllo imperiale. Nel novembre dello stesso anno la dieta di Roncaglia ribadì in forma di legge la pienezza dei diritti imperiali nei confronti delle città: la legge più importante era quella relativa allo iurisdictio, riservata senza eccezioni all’autorità imperiale.

E quando Milano decise di ribellarsi, andò incontro alla totale distruzione del 1162.

Intanto però il Barbarossa non poteva fare a meno di gratificare alcune città a lui fedeli con privilegi che ne riconoscevano l’autonomia giurisdizionale.

E la forza delle città italiane era ormai tale da far nascere, sotto la guida di Milano, una solida Lega antimperiale. Dopo la vittoria dei comuni nella battaglia di Legnano del 1176, Federico sconfitto dovette cedere.

La pace di Costanza del 1183 riconobbe ai principali comuni italiani gran parte delle attribuzioni da loro esercitate di fatto sin dall’inizio del secolo, tra le quali l’esercizio della giurisdizione e la validità delle consuetudini cittadine. L’imperatore si riservava una giurisdizione d’appello presto si atrofizzò, sino a scomparire.

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