Dopo l’ultimo re carolingio, le terre direttamente possedute dalla corona si erano ridotte a ben poca cosa: ad un agglomerato di signor intorno a Parigi, Senlis e Orléans, cui si aggiungevano alcuni ali territori neppure contigui tra loro. Ma nei fatti i grandi ducati ed anche taluni comitati costituivano altrettante realtà politiche e giuridiche distinte, spesso ben più vaste e compatte della monarchia dalla quale in teoria dipendevano.

Il processo attraverso il quale il potere del re riuscì ad accrescersi in profondità e in estensione sono la guerra, la diplomazia, alleanze matrimoniali. Mezzi, questi, a volta a volta utilizzati per raggiungere lo scopo, perseguito per secoli con lucida determinazione. Tra gli strumenti di cui la monarchia costantemente si avvalse, il diritto nelle sue diverse forme svolse un ruolo centrale.

Erano stati i grandi del regno ad eleggere re di Francia Ugo Capeto, preferendolo allo zio Carlo di Lorena. All’elezione era seguita la consacrazione compiuta dall’arcivescovo di Reims. Il neoeletto assunse sùbito l’iniziativa di far consacrare, accanto a se il figlio Roberto il Pio, risolvendo così anticipatamente il problema della successione.

La consacrazione era un atto di natura religiosa, ispirato ai modelli dell’Antico Testamento in virtù del quale veniva conferito un ruolo indelebile di natura sacrale.

All’atto dell’incoronazione, prima di ricevere l’unzione, il re prometteva pubblicamente di procurare la pace nel suo regno e di esercitare la giustizia e la misericordia. Alla fine del XII secolo la promessa si tramutò in un giuramento solenne (serment du sacre). Seguiva la nomina da parte dell’arcivescovo e l’acclamazione dei presenti, che teneva luogo dell’antica elezione popolare.

Per più di tre secoli non mancarono mai i discendenti maschili in linea diretta, frattanto la regola della primogenitura, stabilita per la prima volta già nel 1027 in occasione di un conflitto tra due figli di Roberto il Pio, si era ormai affermata stabilmente. Nella prima metà del Trecento, quando in più occasioni si aprì una successione al trono in assenza di eredi maschi in linea diretta, la regola della mascolinità venne formulata in modo esplicito dai grandi del regno, coadiuvati dai giuristi. Costoro riesumarono allora la norma antica dei Franchi che vietava la successione delle figlie sulla terra salica.

In un’altra fase critica della storia di Francia alcuni giuristi di parte regia, dichiararono indisponibile la corona di Francia: di essa il re doveva essere considerato come il duplice depositario.

Molto pericolosa per l’unità del regno fu la prassi di assicurare figli maschi cadetti dotazioni territoriali specifiche (apanages) in base ad una consuetudine d’origine feudale seguita da Filippo Augusto e dai suoi successori. Ma già con Luigi IX (1226-70) si delineò la tendenza a limitare i diritti degli apanagistes per non pregiudicare i domini della corona.

Nell’età di Carlo V (1364-80) i giuristi regi fecero inserire nel serment du sacre una clausola di inalienabilità del dominio regio, mentre l’appannaggio della Borgogna concesso al fratello di Carlo V, Filippo l’Ardito, conteneva sostanziali limitazioni a favore della corona di Francia: tra esse, la clausola di ritorno dell’appannaggio al re in caso di morte senza eredi maschi del beneficiario, che sarebbe stata applicata solo cent’anni più tardi, alla morte di Carlo il temerario.

Il vincolo di dipendenza dei feudatari maggiori rispetto al re si era allentato progressivamente fin dall’ultima età carolingia. La formazione di veri e propri principati territoriali nei secoli X e XI accentuò l’indipendenza dei ducati dalla monarchia.

Mentre in taluni principati il controllo del duca divenne più saldo nel corso del secolo XI il potere monarchico si indebolì ulteriormente: l’esame dei diplomi mostra in effetti il progressivo restringimento del raggio d’intervento regio sul territorio del regno, ed anche la debolezza del potere giudiziario che al re faceva capo.

Sul piano della teoria politica, una reazione si manifestò per la prima volta durante il regno di Luigi VI (1108-37), allorché venne affermata la tesi che questi territori dovevano considerarsi benefici regi.

Nella storia della monarchia il regno di Filippo Augusto (1 180- 1223) costituì uno dei momenti fondamentali. Alcune città e regioni, pervennero al re a titolo di dote, da parte del conte delle Fiandre; altre, per successione.

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